giovedì 29 gennaio 2015

Chiara Gamberale - Quattro etti d’amore, grazie - Riassunto - Analisi - Recensione - Finale alternativo

Quattro etti d’amore e un barattolo di stranezza. Erica e Tea. Due donne dalle vite tanto diverse quanto comuni sono le protagoniste del nuovo romanzo, tutto al femminile della giovane scrittrice Chiara Gamberale, nata a Roma il 27 Aprile 1977 e autrice di altri romanzi di successo, tra i quali “Le luci nelle case degli altri” e “L'amore quando c'era”.
Erica ha una vita tranquilla, normale, un posto fisso in banca, moglie di Michele e madre di Viola e Gustavo.
Ma una rapina in banca, la frase di una collega, sentenziata nel momento di massima tensione, in bilico tra la vita e la morte "Ma tu ci pensi, Erica? A tutte le esistenze che potrebbero farci felici, se non fossimo sempre alle prese con la nostra?" la farà riflettere e, in un certo senso cambiare. Le farà sognare una vita diversa, una vita come quella della madre sull'isola turistica di Formentera, alla ricerca di se stessa dopo l’abbandono dell’ormai ex marito, patrigno di Erica e padre di Eros, fratello tossicodipendente a cui Erica è affezionata, le farà sentire una sensazione che lei stessa chiama “sottovuoto”, l’aria che le manca e il corpo che si mette a galleggiare, per conto suo, dentro una sorta di sacchetto, e fuori dal sacchetto tutto il mondo. L’ansia, i pensieri, le preoccupazioni, i doveri, tutto si confonde tutto diventa un’unica cosa: niente. Sarà proprio questa sensazione, fantastica, leggera ma allo stesso tempo insopportabile che la porta ad essere più nervosa, a non prendere facilmente sonno, ad essere distratta, sembrare disinteressata di tutti e tutto e a mettere a repentaglio il matrimonio, fino a quel momento stabile con il marito.
Erica inconsciamente si rifugia nel suo passato, si iscrive ad un gruppo su un famoso Social Network, “Quelli della mitica B del Rousseau 1991-1996”, e riprende i contatti con i vecchi compagni delle superiori, tra i quali, Davide Morelli: con lui è come se il sottovuoto esplodesse, hanno molto in comune, ad esempio la passione per una serie televisiva “Testa e cuore”, la cui attrice protagonista è proprio Tea Fidelibus, la donna che Erica incontra quasi ogni giorno al supermercato e, osservando i suoi acquisti sogna. Sogna la vita di Tea, la vede perfetta, piena di avventure piena di… vita! Quella che lei stessa vorrebbe, quella per cui si chiede “ma la vita è mia o è lei che sta vivendo me?”.
Pensa alla vita della bellissima Tea e a suo marito Riccardo Bruni e si convince che “va tutto incontro alle persone come lei”. Ma si sbaglia.

Anche Tea, osserva il carrello di Erica e sogna. Sogna una vita normale, una famiglia e la stabilità di una relazione. Ama un uomo sbagliato, quello giusto ama lei, o forse no, si chiede “cosa vuol dire giusto, cosa vuol dire sbagliato, cosa vuol dire… me?”. Osserva il carrello di Erica crede che dalla sua spesa si capisca che a casa sua ci sia sempre qualcosa da festeggiare, la vita, semplicemente , che passa lenta come il nastro della cassa, per tutti, ma per una come lei, sopportabile, a tratti magnifica.
Tea è sposata con Riccardo Bruni, critico teatrale e performer, un uomo particolare, stupendo ma marcio. Si innamorano sul set dello spettacolo teatrale “Peter Pan” messo in scena dallo stesso Riccardo, e da quel momento il loro rapporto sarà simile a quello dei due protagonisti della storia. La loro relazione è finita da molto tempo ma continuano a stare insieme in una sorta di rapporto di interdipendenza: lei vede in Riccardo la sua salvezza dalla cleptomania da cui era affetta e che dopo averlo incontrato era sparita, l’unico in grado di capirla, anche se, afferma lei stessa: “preferirei che mi capisse meno e mi amasse di più”. Lui vede in Tea l’unico appiglio alla vita reale che lui stesso sembra rifiutare con tutte le sue forze. Il loro rapporto è tumultuoso e forse un po’ infantile, come se fossero Wendy e Peter Pan, eterni bambini alla ricerca di qualcosa di indefinibile. “Peter Pan non vuole crescere, non lo conosce l’alfabeto degli affetti”, ma Wendy deve crescere, e infatti crescerà e troverà conforto nell’amico Fabiano e nel personal trainer Anthony.

Le vite di Erica e Tea procedono parallelamente e l’unico contatto avviene al supermercato. Un contatto tuttavia ignaro ad entrambe ma che le porterà a un processo di riflessione e ricostruzione di sé. I temi principali del romanzo, che accomunano le due protagoniste sono l’infelicità, la frustrazione e l’insoddisfazione. “E’ un casino, non avere più una vita” dice l’attrice. “Anche avere sempre la stessa” dice l’altra. Entrambe “Credono che l’esistenza che trascinano gli sia capitata come una dannazione: invece è esattamente l’unica che desiderano, l’unica adatta a loro”.
Chiara Gamberale riesce a sorprendere il pubblico, con questo romanzo che si legge tutto d’un fiato. I personaggi sono profondi e interessanti, anche se spesso la trama non è chiara a causa dei frequenti soliloqui. Ogni capitolo si apre con la lista della spesa di una delle due protagoniste, e ciò nette in evidenza la loro profonda diversità: Erica fa la spesa di una madre di famiglia, Tea invece non va oltre i cibi surgelati facili e veloci da preparare. Le voci narranti del romanzo sono proprio quelle delle due protagoniste che si alternano per ogni capitolo, effetto che riesce a catapultare il lettore nella psicologia delle due donne e rendere il romanzo più realistico e interessante.
 La storia è attuale e vera, e la struttura evidenzia un ottimo modo di descrivere la vita e la percezione della stessa da parte dell'essere umano.

Quanto pesa quello che siamo? E quello che non abbiamo?”

Finale alternativo

- Un flacone di crema solare.

Stamattina al supermercato ho incontrato la signora Cunningham, pare si chiami Erica. Stranamente ha comprato soltanto un flacone di crema solare, io invece tutto ciò che era necessario per la cena di stasera con Riccardo. In un certo senso sembrava che ci fossimo scambiati i ruoli per un giorno e questo mi rendeva felice, per questo motivo le ho sorriso, ma lei sembrava così distratta…
Comunque era anche la prima volta che andassi al supermercato con Riccardo, avevamo deciso di ricominciare, di aggiustare quello che si era spezzato tra di noi. E scegliere gli ingredienti insieme e preparare la cena, insieme, mi sembrava un buon inizio ma sono comunque rimasta sorpresa quando ha accettato, anche se un po’ titubante.
La cena è trascorsa normalmente, come i pranzi della domenica con la mia famiglia molti anni fa, ma ciò che mi ha colpita e che mi ha cambiata è stato il momento di assaporare il dolce che avevamo preparato poco prima.
-          “E’ delizioso!”
-          “Hai ragione”
-          “forse questa normalità non è poi così male, forse crescere non è solo una sofferenza, forse dovremmo farlo più spesso, provarci almeno,  ad essere “normali”, non credi Tea?”
Era la prima volta in cinque anni che mi chiamava con il mio vero nome e non “Wendy”. E la prima volta in cinque anni che si sforzava a fare qualcosa per me. E in quel momento, per la prima volta, in tutta la mia vita, mi sono sentita, davvero, a casa.

-          Tutto ciò che serve.

Eros mi ha convinta “Dai Erica. Fai qualcosa, una soltanto, per te e basta. Prendi quell’aereo”. Così ho deciso. Parto. Per Formentera. Per due settimane. Ho convinto Michele e i bambini che andrò a trovare mia madre che dopo l’abbandono di Alejandro non si dà pace. Nessun dissenso. Dopo il nostro litigio Michele non è quasi mai in casa e quando lo è dorme o guarda la televisione.
Chiamo Eros.
-          “Ho deciso di partire, avevi ragione, mi farà bene, e dopotutto non ho niente da perdere”
-          “Perfetto Erica, sappi che per qualsiasi cosa sono qua, per te”
Mi fa sempre piacere parlare con lui, sarà quel legame fraterno che dopotutto non si è spezzato. Così inizio a raccontargli dell’ultimo periodo.
-          “Sai ieri ho incontrato Tea al supermercato, come sempre, ma per la prima volta in quasi due anni che la vedo, era con il marito, con Riccardo Bruni. Incredibile! Ma non è tutto: era come, diversa, aveva una luce negli occhi, nuova… viva! E nel carrello non c’erano le solite lasagne e pizze surgelate, no, c’erano prodotti freschi, e lei sorrideva, come non aveva mai fatto prima, come se quel gelo che sembrava arieggiare intorno a lei si fosse d’un tratto sciolto.”
-          “Interessante”
-          “già…”
Due giorni dopo parto. Preparo le valigie, saluto Michele, i bambini e vado a ritrovare o forse a perde me stessa.
Formentera è un isola fantastica, a anche qui l’effetto sottovuoto mi perseguita e sembra che niente riesca a riportarmi a galla dall’abisso in cui da troppo tempo sto in apnea. Le due settimane passano, in fretta, e non provo nulla: non ho trovato me stessa, e non mi sono nemmeno persa, sembra che tutto questo sforzo sia stato inutile, come se cercassi di scappare da qualcosa che in realtà è dentro di me. Così torno a casa. Dopo due settimane.
Arrivo all’aeroporto, prendo un taxi che mi porta davanti casa, è passata mezzanotte e staranno dormendo tutti, quindi entro in casa piano cercando di non fare rumore; ma la luce si accende improvvisamente, sia fuori che dentro di me.
Trovo Michele, Gustavo e Viola ad aspettarmi, hanno preparato diversi dolci. “Per festeggiare il tuo ritorno, mamma” dice Viola. E in quel momento sento come uno scoppio, nella mia testa è ovvio. Il sottovuoto è sparito, e resto solo io, io e la mia vita, io e la mia famiglia. E se prima pensavo che la vita che facevo non mi sembrava la mia, anzi si , mi sembrava, certo che era la mia, ma senza di me. Ora no, ora nella mia casa, nella nostra casa, tutto sembra al suo posto, tutto. Capisco che non sono i bambini ad aver bisogno di me, e neanche Michele; o forse si, ma per la prima volta, mi accorgo che la mia vita, senza loro, non sarebbe la mia vita, sarebbe, appunto, un’apnea.










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