mercoledì 28 gennaio 2015

Galileo Galilei - Lettera a Benedetto Castelli del 21 Dicembre 1612 - Sintesi - Analisi - Commento

Galileo Galilei è stato una figura di primo piano nella storia del pensiero scientifico, sia per le scoperte che per l’elaborazione di un metodo di ricerca totalmente innovativo per il periodo in cui ha vissuto. A causa delle sue idee e essendo vissuto nel periodo della controriforma, incorse nella condanna ecclesiastica e potè salvarsi la vita soltanto attraverso l’abiura delle proprie tesi.
Per poter sostenere le proprie tesi e difendersi dagli attacchi della Chiesa, Galileo scrive numerose lettere indirizzate a allievi, scienziati, nobili ed anche esponenti della Chiesa. Tra queste ricordiamo quella del 21 Dicembre 1612 indirizzata a Benedetto Castelli, frate benedettino allievo di Galilei.
In questa lettera egli intende presentare delle riflessioni a proposito dell’opportunità di utilizzare le sacre scritture in questioni che riguardano  le scienze naturali, facendo l’esempio del libro di Giosuè, il quale nega la teoria copernicana e galileiana ed afferma che il sole e la luna e la terra siano statici e non in movimento; va quindi contro le evidenze sperimentali.
Il resto della lettera ha un tono argomentativo, Galilei analizza le tesi di coloro che difendono ostentatamente le Sacre scritture e le confuta esponendo il suo pensiero:
Afferma che la tesi secondo cui le sacre scritture contengono la verità assoluta e inviolabile e non possono mentire o sbagliare possono anche essere ammesse come vere, può essere errata però l’interpretazione che viene data al testo, che spesso è eccessivamente letterale e può portare a gravi
eresie, quali ad esempio immaginare Dio con connotati umani. Afferma inoltre che alcune affermazioni che possono sembrare distanti dal vero, in realtà sono state esposte in un determinato modo per poter essere comprese dal popolo meno colto ed è compito dei saggi interpretarli e di esporre il significato autentico di concetti espressi in forma simbolica.
Nella seconda parte della lettera sostiene la tesi secondo la quale la Sacra scrittura e la natura discendono entrambe da dio e per questo motivo non possono contraddirsi, la prima però è dettata dallo spirito santo e per essere compresa dal popolo è costretta a parlare sotto forma simbolica, la seconda invece è esecutrice degli ordini divini e non si cura del fatto di poter essere più o meno comprensibile, ma segue le regole a lei imposte, ed è per questo che le “sensate esperienze”e le “necessarie dimostrazioni” non possono essere messe in dubbio e che le sacre scritture hanno il solo obbiettivo di trasmetterci degli insegnamenti etici necessari alla salvezza della nostra anima e di trattare di morale e fede, anche perché è impensabile che Dio ci abbia dotati di sensi e ragione per poi spingerci a rinunciare ad utilizzarli per cercare la verità nelle Sacre scritture.
Nell ultima parte della lettera, infine, afferma che se la chiesa avrebbe continuato ad ostacolare lo sviluppo del progresso scientifico, avrebbe perso credibilità, rimanendo legata a dei principi dimostrati falsi dalle evidenze scientifiche.

Per quanto riguarda lo stile, l’impronta della lettera è di tipo argomentativo, egli non concepisce le lettere come una corrispondenza privata, ma come delle occasioni per presentare e confutare le idee convenzionali e difendere le proprie. I periodi sono per lo più ipotattici, la sintassi è ricca, ma ben organizzata e facilmente comprensibile, il linguaggio è piano e lineare. La lingua ufficiale utilizzata nei testi di tipo scientifico nel 600, era ancora il latino, Galilei,per la prima volta, adotta la lingua volgare, per poter essere compreso da un pubblico assai più vasto e per lo stesso motivo sono presenti immagini ed esempi concreti che aiutano il lettore ad orientarsi in una materia poco conosciuta.

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