giovedì 29 gennaio 2015

Arthur Schopenhauer - Sintesi del pensiero filosofico

Le radici del sistema
La filosofia di Schopenhauer si propone come un punto di incontro tra le diverse esperienze filosofiche tra le quali: Platone, Kant, l’illuminismo, il romanticismo, l’idealismo e la spiritualità indiana.
Da Platone riprende la teoria delle idee (gli archetipi del mondo), da Kant (a suo avviso il più grande rappresentante della filosofia contemporanea) riprende la distinzione tra fenomeno e noumeno, dall’illuminismo riprende il filone materialistico, dal romanticismo riprende il tema dell’irrazionalismo, dell’infinito, del dolore, e l’importanza data all’arte e alla musica, anche se sul piano filosofico il romanticismo mostra una tendenza globalmente ottimistica. Riprende l’idealismo in chiave critica, definendola una “bestia nera” e una filosofia delle università che ha una posizione non al servizio della verità ma degli interessi personali come il successo e il potere. Soprattutto egli si scaglia contro Hegel (idealismo) definendolo un ciarlatano e si indigna soprattutto di fronte alla divinizzazione dello Stato. Egli riprende la filosofia orientale soprattutto per la forza delle immagini; per la critica è ancora un problema aperto anche se la maggior parte dei critici lo considera solo un problema secondario, ma è necessario comunque attribuire a Schopenhauer alcuni meriti, in quanto è stato il primo filosofo occidentale ad introdurre i motivi del pensiero orientale nel suo sistema.

Noumeno-fenomeno
Il punto di partenza è la distinzione tra fenomeno e noumeno.
Per Kant il fenomeno era l’unica realtà accessibile alla mente umana, mentre il noumeno era un concetto limite inconoscibile; per Schopenhauer il fenomeno è apparenza e rappresentazione ed esiste solo dentro la coscienza e da qui deriva la sua espressione “il mondo è la mia rappresentazione”.
La rappresentazione ha solo due aspetti essenziali ed inseparabili il soggetto rappresentante e l’oggetto rappresentato, che sono elementi imprescindibili della rappresentazione e nessuno dei due può esistere né prevalere sull’altro; per questo motivo il materialismo è falso perché pone l’oggetto superiore al soggetto, e l’idealismo di Fichte è falso perché pone il soggetto superiore all’oggetto.
Schopenhauer afferma che la nostra mente è corredata di tre forme a priori: spazio, tempo e casualità, quest’ultima assume forme diverse a seconda degli ambiti in cui opera, manifestandosi come necessità matematica, fisica, logica o morale. Attraverso le forme a priori la visione delle cose si deforma, quindi la rappresentazione è considerata come un’apparenza e di conseguenza la vita non è altro che un sogno.
Al di là del sogno esiste la realtà vera che è il noumeno. Schopenhauer presenta la propria filosofia come un ampliamento di quella kantiana, poiché si vanta di avere individuato la via d’accesso al noumeno (per Kant inconoscibile). Per Schopenhauer il noumeno è quella realtà che si nasconde dietro l’apparenza, definita “Velo di Maya”, il quale può essere squarciato.

Squarciare il velo di Maya
L’uomo ripiegandosi su se stesso si rende conto che l’essenza profonda del suo io, ovvero la cosa in sé del suo essere è la volontà di vivere, ovvero un impulso che lo spinge a esistere e sopravvivere e quindi l’uomo più che intelletto e conoscenza è volontà di vivere, e l’intero mondo fenomenico non è altro che il modo in cui la volontà si manifesta. Fondandosi sul principio di analogia afferma che la volontà di vivere è la radice noumenica di tutte le cose, ovvero la cosa in sé dell’universo, la volontà di vivere, quindi, pervade tutti gli esseri dalla natura organica all’uomo, se pur con gradi di consapevolezza diversi.
La volontà di vivere Essendo al di là del fenomeno presenta caratteri contrapposti a quelli del mondo della rappresentazione è inconscia, unica, eterna, incausata e senza scopo.
-          È inconscia perché si presenta come un impulso inconsapevole.
-          È unica perché è al di fuori della forma a priori di spazio e quindi dal principio di individuazione.
-          È eterna e indistruttibile perché è al di fuori della forma a priori del tempo.
-          È incausata perché al di là della categoria di causa. Trova scopo soltanto in se stessa, e per questo motivo miliardi di esseri vivono soltanto per vivere e continuare a vivere.
Quest’ultimo approdo rappresenta per Schopenhauer è l’unica crudele verità sul mondo. L’uomo ha cercato di nascondere questa terribile evidenza postulando un Dio in cui trovare un senso alla propria vita, ma Dio non può esistere perché l’unico assoluto è la volontà stessa, la quale presenta gli attributi che l’uomo da a Dio. L’unica e infinita volontà di vivere si manifesta nel mondo fenomenico attraverso due fasi:
1)      La volontà si oggettiva in un sistema di forme immutabili: le idee, ossia gli archetipi del mondo

2)      La volontà si oggettiva nei vari individui del mondo naturale, ovvero la moltiplicazione, attraverso le forme a priori di spazio e tempo, delle idee. Tra le idee e gli individui esiste un rapporto di copia-modello.
Il mondo si struttura come una serie di gradi dell’oggettivazione della volontà il grado più basso è caratterizzato dalla forze della natura fino ad arrivare all’uomo in cui la volontà è pienamente consapevole. Esso può essere definito come un animale malaticcio perché spesso la ragione prevale sull’istinto(volontà).

Il pessimismo
Schopenhauer afferma che la vita è dolore, perché volere significa desiderare e desiderare significa trovarsi in uno stato di tensione per la mancanza di qualcosa, quindi il desiderio è assenza, vuoto, ossia dolore. E dato che nell’uomo la volontà è più cosciente esso avverte maggiormente il dolore. Ciò che gli uomini chiamano godimento fisico o psichico non è nient’altro che una cessazione di dolore, perché ci sia il piacere bisogna che ci sia stato un precedente stato di dolore, ma la stessa cosa non vale per il dolore, poiché un individuo può sperimentare una catena di dolori prima che questi siano preceduti da altrettanti piaceri. Il dolore è la struttura stessa della vita ed è permanente, il piacere è solamente una funzione che deriva dal dolore. Accanto al dolore e al piacere egli pone la noia, che subentra quando viene meno il desiderio; egli afferma che la vita umana è un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia.
Ma poiché la volontà di vivere si manifesta in tutte le cose, il dolore non riguarda solo l’uomo, ma ogni creatura, quindi tutto soffre (pessimismo cosmico). L’espressione del dolore universale non è soltanto la volontà, ma anche la lotta crudele di tutte le cose: secondo Schopenhauer dietro le meraviglie della natura si celano esseri tormentati e angosciati, che esistono solo per divorarsi l’un l’altro, al fine dell’autoconservazione, in quanto l’unico fine della natura è perpetuare la vita e con essa il dolore.

L’amore
Il fatto che alla natura interessa solo la sopravvivenza della specie trova la sua manifestazione nell’amore, che è uno dei più forti stimoli dell’esistenza, Schopenhauer però nega un amore spirituale e intellettuale, che esiste solo nel campo della pietà. Il fine dell’amore è solo l’accoppiamento ed è per questo motivo che l’amore procreativo viene avvertito come peccato e vergogna, perché due sofferenze si uniscono per dare vita ad una terza sofferenza.

Le vie della liberazione dal dolore
Dato che Schopenhauer afferma che la vita è dolore, si potrebbe pensare che egli istighi al suicidio, ma in realtà egli lo rifiuta, per due motivi:
1.       Perché apparentemente il suicidio sembrerebbe negazione della volontà ma in realtà è un’affermazione della stessa;
2.       Perché il suicidio sopprime una manifestazione della volontà di vivere e lascia intatta la cosa in sé, che se muore in un individuo, rinasce in mille altri.
La vera risposta al dolore del mondo non è il suicidio, ma la liberazione dalla volontà di vivere. Il processo di liberazione si distingue in tre momenti: l’arte, la morale e l’ascesi.
L’arte è conoscenza libera e disinteressata delle idee e l’individuo che contempla l’arte e quindi le idee, non è più individuo naturale in particolare, ma il puro occhio del mondo, quindi l’arte eleva l’individuo dal desiderio, offrendogli un appagamento. Tra le arti spiccano la tragedia che costituisce la rappresentazione del dramma della vita, e la musica, definita metafisica in suoni. Ogni arte è liberatrice, ma la sua funzione è temporanea e parziale e fornisce solo un conforto alla vita.
La morale implica un impegno nel mondo a favore del prossimo ed è un tentativo di superare l’incessante lotta tra gli individui; non sgorga a differenza di Kant da un imperativo categorico dettato dalla ragione, ma da un’esperienza vissuta, ovvero il sentimento di pietà attraverso cui avvertiamo come nostre le sofferenze degli altri. Non è la conoscenza a produrre la moralità, ma è la moralità a produrre la conoscenza, poiché attraverso la pietà sperimentiamo quell’unità metafisica di tutti gli esseri.
La morale si concretizza in due virtù: la giustizia e la carità.La giustizia ha carattere negativo perché consiste solo nel non fare del male; la carità è positiva perché consiste nel fare del bene e quindi è attiva.
La morale però rimane all’interno della vita e presuppone un qualche attaccamento ad essa.
L’ascesi è la liberazione totale dalla volontà. Il primo gradino dell’ascesi è costituita dalla castità perfetta che libera dalla fondamentale manifestazione della volontà di vivere, ovvero l’impulso di riprodursi; seguono poi la rinuncia ai piaceri, l’umiltà il digiuno, la povertà, il sacrificio.
La soppressione della volontà di vivere è l’unico atto di libertà possibile all’uomo, che non coincide con l’estasi cristiana, che è unione con Dio, ma nel nirvana buddista, ossia l’esperienza del nulla. Il nirvana è un tutto, ossia un oceano di pace e libertà in cui le nozioni di io e di soggetto si dissolvono.
Da questo punto di vista, però Schopenhauer si contraddice in alcuni punti:
1)      Se la volontà si identifica con l’assoluto, come si può ipotizzare un suo annullamento?
2)      La fuga ascetica dell’io in se stesso non contrasta l’ideale della pietà verso il prossimo?
3)      Schopenhauer non ha mai intrapreso la via dell’ascesi.

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