Carlo Goldoni nacque a Venezia nel 1707 da una
famiglia borghese. Studiò inizialmente a Perugia presso i gesuiti, a Rimini e
successivamente studiò legge all’Università di Pavia. Questi anni furono
abbastanza inquieti, caratterizzati da continui spostamenti e avventure
amorose. La situazione cambiò in seguito alla morte del padre, egli infatti
concluse gli studi e si avviò alla professione di avvocato, in modo da
sostenere anche la madre. In questo periodo, inoltre, scoprì una certa
vocazione per il mondo teatrale e si dedicò alla lettura di opere teatrali
italiane e straniere e scrisse alcuni testi per il teatro veneziano di San
Samuele. I questa prima fase, comunque, si dedicò esclusivamente alla
composizione di tragicommedie, melodrammi e intermezzi, risultanti in una
produzione poco originale; solo successivamente infatti, si avvicinerà al
genere comico e attuerà la sua celebre “riforma”.
Nel 1748 entrò a far parte della colonia
pisana dell’Arcadia, e nello stesso periodo
conobbe il capocomico Girolamo Medebac, il quale gli offrì un contratto stabile, presso la sua compagnia teatrale, che prevedeva la stesura di otto commedie l’anno dietro un certo compenso fisso. Goldoni rimase 10 anni con la compagnia e divenne ufficialmente scrittore di teatro per professione.
conobbe il capocomico Girolamo Medebac, il quale gli offrì un contratto stabile, presso la sua compagnia teatrale, che prevedeva la stesura di otto commedie l’anno dietro un certo compenso fisso. Goldoni rimase 10 anni con la compagnia e divenne ufficialmente scrittore di teatro per professione.
Goldoni rappresenta una figura nuova, in
effetti in quel periodo gli scrittori facevano parte di un ceto alto, oppure si
trovavano sotto la protezione di un grande signore, egli invece, viveva di ciò
che guadagnava scrivendo, e non scriveva soltanto per un pubblico di letterati
ma per il mercati: il teatro infatti veniva considerato come un’impresa
commerciale, dunque lo spettacolo doveva andare incontro ai gusti del pubblico
pagante e doveva attirare molti spettatori.
Per la compagnia Medebac compose numerosissime
commedie, dando inizio alla sua “riforma” teatrale; e nello stesso periodo,
proprio come in un’impresa commerciale, dovette affrontare la concorrenza,
rappresentata da Pietro chiari ma questa rivalità non fece altro che
appassionare e aumentare l’interesse del pubblico.
Successivamente a una disputa su questioni
economiche e in seguito alle diverse avversioni e critiche decise di
abbandonare la compagnia Medebac e decise di accettare l’invito di recarsi a
Parigi e dirigere la Comedie Italienne, qui però trovò ancora in voga le
caratteristiche della Commedia dell’arte e dovette ricominciare dal principio a
lottare per la sua riforma, il pubblico
però mostrò freddezza e Goldoni dovette adattarsi al suo gusto. Successivamente
però, scoppiata la rivoluzione francese, gli venne sospesa la pensione, poiché concessa dal re. Lo scrittore sopravvisse
soltanto alcuni mesi in miseria e morì nel febbraio del 1793.
LA VISIONE DEL MONDO: GOLDONI E L’ILLUMINISMO
Goldoni non fu un illuminista militante, come
lo furono ad esempio Pietro Verri o Cesare Beccaria, ma presenta diversi tratti
in comune con l’inclinazione illuminista per:
1.
Un’interesse per la dimensione
mondana e un disinteresse e rifiuto per il trascendente
2.
L’interesse per la socialità, e
per i rapporti che legano gli uimini in
una collettività e la difesa dei valori tipicamente borghesi: il rispetto della
sincerità e la fedeltà agli impegni presi. E in questo contesto egli critica la
superbia e la prepotenza dei nobili, i quali non si dedicano a un lavoro
produttivo, ma vivono nell’ozio parassitario
3.
Difende il valore
dell’uguaglianza, ma non incita a una rivoluzione, ma più che altro a una
tranquilla convivenza tra i vari ceti, ciascuno con una fisionomia specifica e
una diversa funzione nel corpo sociale.
4.
Afferma un nuovo tipo di eroe, non
più quello aristocratico della civiltà classica, elogiato per le sue virtù
guerriere, ma l’uomo onesto che si realizza nella sfera della sua attività
produttiva..
5.
Un grande interesse per la città,
come sede delle più varie attività.
LA RIFORMA
Quando Goldoni intraprese la sua attività di
scrittore per il teatro, la scena comica era dominata dalla Commedia dell’Arte,
che aveva trionfato nell’età barocca. Nei confronti di questo tipo di teatro
Goldoni assunse degli atteggiamenti fortemente polemici, ne criticava infatti:
-
La volgarità
-
La rigidezza stereotipata->
l’utilizzo delle maschere
-
L’incoerenza degli intrecci e la
loro inverosimiglianza
-
L’improvvisazione
Per questo motivo, spinto anche dal
razionalismo arcadico, Goldoni si propose di riformare il genere della
commedia, adattandolo anche al mutamento della società. Egli stesso inoltre
afferma che la sua riforma non si ispira a precettistiche o a modelli
libreschi, poiché i due “libri” su cui ha studiato sono soltanto il mondo e il
teatro.
Tra le caratteristiche principale della
riforma, ricordiamo:
1.
L’abolizione delle maschere. Egli
infatti vuole rappresentare i caratteri colti nella loro individualità,
irripetibili in tutta le loro sfumature psicologiche, mentre le maschere
rappresentavano dei tipi fissi nascenti dall’astrazione di tratti comuni. Egli
diceva che vi sono infiniti modi di essere avari, gelosi ecc..
I caratteri goldoniani,
inoltre non sono isolati, ma dipendono da un contesto sociale che, appunto,
incide sulla loro conformazione psicologica. Infatti, secondo Goldoni i
sentimenti, i vizi e le virtù assumono una diversa fisionomia seconda
l’ambiente sociale in cui si sono formati e vivono.
Da questo punto di vista le
commedie di Goldoni vengono distinte convenzionalmente in commedie di
carattere, intese a delineare una figura e le commedie d’ambiente, intese a
descrivere un particolare settore della vita sociale. Le differenze sono
quantitative.
2.
L’abolizione graduale del
canovaccio. Egli infatti inizio con lo scrivere soltanto la parte del
protagonista mentre tutto il resto poteva essere improvvisato, e soltanto 5
anni dopo compose una commedia in cui tutte le parti erano scritte: “La donna
di garbo”.
3.
Abolizione della comicità
buffonesca e volgare, e la sostituzione con una più misurata caratterizzata dal
buon gusto.
4.
Introduzione dell’intento
moralistico: correggere i vizi.
Nel condurre questa riforma egli incontrò
diversi ostacoli e difficoltà:
-
Da parte degli attori, abituati a
recitare improvvisando con delle maschere. Goldoni risolse il problema
riuscendo anche a modellare il carattere di un personaggio sulle possibilità
espressive dell’attore.
-
Da parte del pubblico, che resto
sconcertato dalle commedie realistiche di Goldoni in cui non ritrovava più gli
intrighi complicati che lo avvincevano e le maschere a cui era ormai abituato e
quasi affezionato.
-
Da parte dell’oligarchia nobiliare
al potere nella Repubblica di Venezia che, in seguito alla decadenza della
Serenissima, guardava con sospetto ogni fermento innovatore. Per questo motivo
se Goldoni voleva rappresentare i vizi della nobiltà era costretto ad
ambientare le commedie in altre città.
Goldoni comunque non si lanciò in una
rivoluzione radicale, ma adottò una tattica prudente e graduale che gli
consentì di vincere la resistenza degli attori e del pubblico.
LE TEMATICHE E LE DIVERSE FASI
La produzione di Goldoni può essere suddivisa
in diverse fasi:
-
In una prima fase, che risale
all’ingaggio presso la compagnia Medebac, egli celebrava la figura del
mercante, che si presenta inizialmente sotto la maschera di Pantalone. Egli sceglie questa figura perché
rappresenta la classe borghese e i suo valori: schiettezza, puntualità, buon
senso e rispetto degli impegni presi e contrappone questa figura a quella dei
nobili, che non manca di criticare e giudicare come superba, prepotente, oziosa
e parassitaria. Goldoni tuttavia non è un rivoluzionario e non vuole rivoltarsi
contro il potere nobiliare, egli vorrebbe piuttosto smuovere i nobili, i quali
hanno il dovere di partecipare alla vita economica del loro paese
-
In una seconda fase, invece,
sembra tornare indietro e, per soddisfare il gusto del pubblico, scrive
commedie ambientate in paesi esotici, come la cosiddetta “Triologia persiana”,
ed esalta inoltre, non più la figura del mercante, ma personaggi infermi e
maniaci che tendono a rifiutare i rapporti col prossimo, ritratti con in
intendo sarcastico e satirico.
-
In una terza fase, in cui
ritroviamo i suoi testi più maturi, risalenti al periodo della crisi della
borghesia veneziana che dopo aver perso i possedimenti d’oltremare, si dedicò
maggiormente alle attività agricole perdendo anche i suoi valori tradizionali;
Goldoni la inizia a guardare con occhio critico e severo, sostituendo alla figura del mercante, quella del
“rustego”, chiuso nel proprio ambiente familiare, conservatore e interessato
soltanto al suo tornaconto personale.
Egli inoltre esalta il
popolo, che ai suoi occhi presenta ancora quella spontaneità dei sentimenti e
vitalità che la borghesia aveva perso. In questo caso non è molto realista e
ignora alcuni aspetti negativi del popolo.
-
Nell’ultima parte della sua vita
si dedica alla stesura dei Mémoires: un’autobiografia redatta in francese nella
quale rivede le tappe della sua carriera teatrale, che restano un documento
prezioso per la comprensione di tutta la sua esperienza. Anche in quest’opera
non mancano gli spunti comici vivaci, come ad esempio la descrizione degli
incontri con uomini celebri quali Vivaldi e Rousseau.
Un’opera autobiografica vengono
considerate anche le prefazioni nei 17 volumi delle Opere, nelle quali egli racconta le vicende della
sua vita in rapporto al suo teatro e che egli chiamerà “Memorie italiane”.
LO STILE
Per quanto riguarda la lingua, egli non poteva
utilizzare quella libresca o aulica, poiché, per mantenere una certa
verosimiglianza ed essere apprezzato dal pubblico, doveva utilizzare la lingua
della conversazione quotidiana, che però, in Italia non era unitaria o
omogenea. Egli utilizzò la lingua italiana, che veniva utilizzata soltanto nei
colloqui tra persone di diversa provenienza regionale, che era quindi una
lingua abbastanza convenziona e povera.
Goldoni comunque utilizza anche il veneziano
ed altre parlate settentrionali, soprattutto quando si rivolge direttamente al
pubblico della sua città. In tal caso la prosa assume un’infinità di varietà,
sfumature e colore. Il dialetto di Goldoni, tuttavia è impiegato in chiave
realistico mimetica per riprodurre con naturalezza la conversazione quotidiana,
al contrario della Commedia dell’Arte, che lo utilizzava in chiave
espressionistica per delle forzature grottesche.
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