VITA
Italo Svevo nacque il 19 Dicembre
1861 a Trieste, da un’agiata famiglia borghese di origine ebraica. I suoi primi
studi furono indirizzati dal padre alla carriera commerciale, fu mandato in
collegi in Germania e li poté dedicarsi alle letture di scrittori tedeschi come
Goethe e Schiller, le quali influenzarono la sua aspirazione di divenire
scrittore. Politicamente era vicino alle posizioni irredentistiche e
socialiste. Nel 1880 il padre fallì e Svevo conobbe l’esperienza della declassazione,
fu costretto a cercare lavoro e si impiego presso una banca. Il lavoro
impiegatizio era per lui opprimente e arido, cercò quindi un’evasione nella
letteratura, leggendo classici italiani e contemporanei francesi.
Dopo il matrimonio con la facoltosa cugina
Livia Veneziani la sua situazione cambiò dal punto di vista psicologico poiché
trovava finalmente delle certezze nella figura del pater familias, sia perché
entrò a far parte della ditta del suocero, abbandonando la vita dell’impiegato
e proiettandosi nel mondo dell’alta borghesia. In questo periodo lasciò
l’attività letteraria, giudicandola come qualcosa che avrebbe compromesso la
sua nuova vita attiva. In realtà il proposito di abbandonare la scrittura
letteraria non fu da lui osservato con rigore e l’incontro e la successiva con
James Joyce, con il quale vi fu un ricco scambio intellettuale, lo fece
riavvicinare alla scrittura.
Egli pubblicò il suo terzo romanzo “La coscienza di Zeno”, che però non riscosse molto successo, per questo motivo mandò il romanzo a Parigi all’amico Joyce, che lo fece tradurre e il romanzo arrivò a conquistare la fama in Francia e su scala europea, mentre in Italia, Svevo, rimase sempre poco apprezzato, ad eccezione del giovane Eugenio Montale che riconobbe la sua grandezza.
Egli pubblicò il suo terzo romanzo “La coscienza di Zeno”, che però non riscosse molto successo, per questo motivo mandò il romanzo a Parigi all’amico Joyce, che lo fece tradurre e il romanzo arrivò a conquistare la fama in Francia e su scala europea, mentre in Italia, Svevo, rimase sempre poco apprezzato, ad eccezione del giovane Eugenio Montale che riconobbe la sua grandezza.
La fisionomia di Svevo appare
profondamente diversa da quella del letterato tradizionale italiano: egli visse
a Trieste, una città di confine in cui convergevano tre culture: tedesca, slava
e italiana; egli era inoltre di origini ebraiche, caratteristica che lo porto
spesso a proiettare la figura dell’inetto, centrale nella sua opera alla
condizione dell’ebreo nella civiltà europea. La scrittura letteraria non fi,
inoltre, la sua professione, ed anche la sua formazione non fu quella
umanistica poiché i suoi studi furono commerciali e la sua cultura letteraria e
filosofica si deve alle sue letture da autodidatta.
CULTURA
Alla base dell’opera letteraria di
Svevo vi è una vasta cultura filosofica e letteraria.
Schopenhauer: fu influenzato dall’irrazionalismo, dal pessimismo che indicava come
unica salvezza dal dolore la contemplazione e la rinuncia. E in particolare
riprende il carattere effimero e inconsistente della nostra volontà e dei
nostri desideri.
Nietzsche.
Darwin:
Dal quale riprende il darwinismo sociale e la concezione secondo cui il
comportamento è il prodotti di condizioni indipendenti dalla volontà
Pensiero marxista: egli aveva una chiara percezione dei conflitti di classe nella società
moderna ed era convinto che tutti i fenomeni psicologici erano condizionati
dalla realtà delle classi. Del marxismo però non condivise le proposte
politiche, la dittatura del proletariato e la collettivizzazione
Psicoanalisi: interessato alle ambivalenze della psiche umana, non apprezzò la
psicanalisi come terapia che pretendeva di curare il malato di nevrosi, bensì
come strumento conoscitivo capace di indagare nella psiche.
Flaubert:
la maniera impietosa di rappresentare la miseria della coscienza borghese e
l’evasione nel sogno.
Zola:
ricostruzione minuziosa dell’ambiente
Dostoevskij: si addentrava nelle zone segrete della psiche.
UNA
VITA
È il primo romanzo, inizialmente
intitolato “Un inetto”. È la storia di un giovane, Alfonso Nitti che abbandona
il paese per lavorare a Trieste dopo la morte del padre. Si impiega presso una
banca ma il lavoro gli appare arido e mortificante, così, influenzato dalla sua
cultura umanistica evade costruendosi sogni e vagheggiando la gloria
letteraria. L’occasione per un riscatto gli fu offerta da un invito a casa del
padrone della banca Maller. Qua conobbe Macario, un giovane brillante sicuro di
se con cui strinse una profonda amicizia e Annetta, la figlia del padrone,
anch’essa con ambizioni letterarie che propose ad Alfonso di collaborare nella
stesura di un romanzo. Alfonso, avrebbe poi la possibilità di cambiare la sua
posizione sposandola, ma preso da un’inspiegabile paura fugge da Trieste e
quando ritorna trova che Annetta si è fidanzata con Macario ed alla fine,
inviso dalla famiglia della donna, decide di uccidersi.
Si tratta di un romanzo della
“scalata sociale”, che riprende i modelli di verga e Balzac. È ravvisabile
anche l’influsso zoliano nell’intenzione di ricostruire un determinato quadro
sociale.
Alfonso inaugura un nuovo tipo di
personaggio: l’inetto. L’inettitudine è una debolezza, un’insicurezza
psicologica che rende l’eroe incapace alla vita. In questo caso Alfonso,
piccolo borghese ed un intellettuale declassato, questi due fattori sociali lo
rendono diverso e la sua diversità è sentita come una inferiorità. L’impotenza
sociale diviene impotenza psicologica, la cultura umanistica e la vocazione
letteraria lo rendono inadatto alla durezza della lotte per la vita ed è per
questo motivo che egli si costruisce un’immagine di se consolatoria, una
maschera. Dinnanzi al protagonista si ergono degli antagonisti che presentano
caratteristiche che a lui mancano: il padrone della fabbrica, incarnazione
della figura del padre autoritario e temibile, e Macario, il rivale, brillante,
sicuro di sé, adatto alla vita, che sottrarrà all’eroe la donna. La narrazione
è condotta da un narratore esterno in terza persona, vi è una focalizzazione
interna al protagonista, i fatti sono narrati dal suo punto di vista. La
coscienza del protagonista diviene qui un vero e proprio labirinto in sui si
intrecciano sogni, autoinganni, giustificazioni, contraddizioni che lasciano
smarrito il lettore. Spesso interviene la voce del narratore a giudicare
un’azione o a smascherare un autoinganno.
SENILITA’
Il protagonista, Emilio Bretani vive
di un modesto impego presso una società di assicurazioni e gode di una certa
reputazione per un romanzo pubblicato anni prima. Egli ha attraversato la vita
con prudenza, evitando pericoli, piaceri e appoggiandosi alla sorella che lo
accudisce come una madre e all’amico Stefano Balli, uomo dalla personalità
forte che compensa l’insuccesso artistico con la fortuna con le donne, il quale
è visto come una figura paterna. L’insoddisfazione per la propria esistenza
vuota e mediocre spinge Emilio a cercare un’evasione nell’avventura che egli
crede facile e breve con una ragazza del popolo, Angiolina, ma si innamora
della giovane e dopo aver scoperto che quest’ultima ha molti amanti, si chiude
nella sua gelosia che lo priva dell’energia vitale. Nel frattempo l’amico Balli
la assume come modella per una sua statua, ma la ragazza si innamora di lui e
la gelosia di Emilio si concentra sull’amico. Nel frattempo la sorella Amalia
si innamora di Balli e non osando rivelare i suoi sentimenti trova appagamento
solo nei sogni. Dopo la morte di Amalia, Emilio torna a chiudersi nel suo
guscio, guardando alla sua avventura come un anziano alla sua gioventù.
Il romanzo si concentra sui quattro
personaggi centrali e la dimensione psicologica è messa in primo piano. Anche
Emilio è un debole, un inetto che ha paura di affrontare la realtà e per questo
si è costruito un sistema protettivo conducendo un’esistenza cauta; resta però
in lui un desiderio irrefrenabile di piaceri che lo porta ad avvicinarsi ad
Angiolina, che diventa per lui un simbolo di pienezza vitale. Nel rapporto con
Angiolina si compendia il rapporto del protagonista con la realtà ed è proprio
questa relazione che mette in luce l’inettitudine di Emilio, il quale possiede
un’immaturità psicologica che lo porta a trasfigurare la figura di Angiolina
come una creatura angelica e purissima. Nel rapporto con Angiolina Emilio non
riesce ad immedesimarsi con un’immagine di uomo virile, forte sicuro, che
rappresenta il modello di uomo proposto nella società borghese ottocentesca.
Quella stessa figura era entrata in crisi col trionfo della società di massa;
Emilio si appoggia a Balli, ma anche quest’ultimo è afflitto dalla stessa
crisi, ma vi fronteggia creando un’immagine di onnipotenza.
Verso il suo eroe Svevo ha un
atteggiamento critico ed anche in questi casi i fatti sono filtrati attraverso
la coscienza del protagonista e presentati come li vede lui; ma poiché Emilio o
si costruisce continuamente maschere, alibi, autoinganni, la sua prospettiva è
inattendibile, e questa inattendibilità viene denunciata da Svevo attraverso
tre procedimenti:
1.
La voce narrante interviene a
smentire o correggere la prospettiva del protagonista
2.
I giudizi sono affidati a
sfumature ironiche del discorso
3.
A volte l’ironia e la perplessità
scaturiscono dall’oggettività stessa della narrazione che può essere definita
ironia oggettiva o implicita.
LA
COSCIENZA DI ZENO
È molto diverso dai due romanzi
precedenti ed è influenzato da diversi avvenimenti: incontro con Joyce, Prima
Guerra Mondiale. Si tratta di un memoriale che il protagonista scrive su invito
del suo psicoanalista, il dottor S. a scopo terapeutico e lo scrittore finge
che il manoscritto di Zeno venga pubblicato da l dottor S, stesso per
vendicarsi del paziente che si è sottratto alla cura. Il romanzo è narrato dal
protagonista stesso. La ricostruzione del proprio passato è operata da Zeno e
si raggruppa in alcuni temi fondamentali: il vizio del fumo, la morte del
padre, il matrimonio, il rapporto con la moglie e l’amante, l’associazione
commerciale on il cognato.
Il protagonista è una figura di
inetto, incostante negli anni giovanili, passò da una facoltà all’altra senza
mai giungere alla laurea e per questo motivo il padre non ebbe mai stima verso
di lui. I rapporti del figlio col padre subiscono delle ambivalenze; pur
amandolo sinceramente Zeno non fa che deluderlo, rivelando inconsci impulsi
ostili; inoltre il vizio del fumo si
basa proprio sull’ostilità contro il padre, inoltre quando già è sul letto di
morte il padre lascia cadere uno
schiaffo sul viso del figlio che lo assiste e Zeno resta sul dubbio se il gesti
sia prodotto dall’incoscienza della situazione o da un’intenzione punitiva e
cerca di costruirsi un alibi per giustificarsi e dimostrare a se stesso di
essere privo di ogni colpa nei confronti del padre e della sua morte che in
realtà fortemente desidera. Privato della figura paterna, egli ha bisogno di
appoggiarsi ad una figura sostitutiva e la trova in Giovanni Malfenti, uomo
d’affari tipico borghese che incarna il modello di uomo con cui Zeno non riesce
a coincidere e rappresenta l’antagonista- Zeno decide si posare una delle sue
figlie per adottarlo come padre. Di innamora della più bella, Ada, ma con il
suo comportamento sembra fare di tutto per allontanarla; chiede allora la mano
alla sorella minore, Alberta e al rifiuto di questa si propone alla più brutta,
Augusta che in realtà egli aveva già scelto inconsciamente e che infatti si
rivela la donna di cui egli ha bisogno, amorevole come una madre e rappresenta
l’antitesi di Zeno: ha un limitato ma solido sistema di certezze. Zeno invece,
è incapace di integrarsi in quel sistema di vita ed è affetto da una nevrosi
che proietta nella propria inettitudine, ed attribuisce la colpa dei propri
malanni al fumo: la sua vita è caratterizzata da tentativi di liverarsi dal
vizio, nella convinzione che solo questo può portarlo alla salute. Egli aspira
ad entrare nella normalità borghese, fonda un’associazione commerciale con il
cognato Guido che ha sposato Ada, ma l’amicizia e l’affetto che egli mostra di
provare verso di lui mascherano un odio profondo che si oggettiva quando ai
suoi funerali, Zeno sbaglia corteo funebre. Ormai anziano decide di
intraprendere la cura psicoanalitica ma si ribella alla diagnosi dello
psicoanalista e dopo aver avuto una fortuna finanziaria, decide di abbandonare
la cura sentendosi guarito.
Il filo della narrazione non è
lineare ma Svevo usa il “tempo misto”,
il racconto non presenta gli eventi nella loro successione cronologica,
ma in un tempo soggettivo in cui il passato riaffiora continuamente e si
intreccia al presente. Il narratore è inattendibile, come denuncia anche la
prefazione del dottor S.: l’autobiografia contenuta in esso è un gigantesco
tentativo di autogiustificazione di Zeno che vuole mostrarsi innocente da ogni
colpa nei rapporti col padre, con la moglie, con l’amante e con Guido; ma non
si tratta di menzogne intenzionali.
La diversità di Zeno, funziona da
strumento trainante nei confronti dei “normali”. La malattia che impedisce a
Zeno di coincidere con la sua parte di borghese porta alla luce l’inconsistenza
della pretesa sanita degli altri che vivono perfettamente soddisfatti nelle
loro certezze. Zeno, nella sua imperfezione è inquieto e disponibile alle
trasformazioni, i sano sono cristallizzati in una forma rigida e immutabile in
cui Zeno vede una necrosi paralizzante. In Zeno tuttavia non vi è un
consapevole atteggiamento critico verso il mondo che lo circonda, al contrario
ha un disperato bisogno di salute ma finisce per scoprire che la salute degli
altri è anch’essa malattia. L’inettitudine non è più considerata un fattore di
inferiorità ma una condizione aperta che può essere considerata anche
positivamente. Il mutare della fisionomia degli autori sveviani rivela il
passaggio dalla visione del mondo chiusa ottocentesca alla visione aperta
propria del novecento.
I RACCONTI
Svevo scrisse numerosi racconti in
diversi periodi della sua vita, ma solo tre furono pubblicati: “una lotta”,
“l’assassinio di via bel poggio”, significativa per l’analisi dei processi
psicologici innescati da un omicidio e “la tribù” un racconto di carattere
politico.
IL QUARTO ROMANZO
Sono rimasti anche i frammenti di un
quarto romanzo progettato dallo scrittore. Il racconto presenta Zeno a narrare
e una serie di ritratti dei nuovi membri della sua famiglia: i figli e i
nipoti. Si tratta ancora di un narratore inattendibile infatti, dietro il
profondo affetto per i parenti, affiorano rancori, odi, insofferenze profonde.
Al tempo stesso anche qui il suo atteggiamento ambivalente, assume una funzione
straniante, egli si dimostra un critico corrosivo dell’istituto della famiglia
borghese di cui sa cogliere le tensioni esasperate, occultate dietro la
facciata serena dell’idillio patriarcale.
LE COMMEDIE
Egli abbozzò negli anni giovanili
testi drammatici di cui solo “terzetto spezzato” arrivo sulle scene prima della
sua morte. Sono 13 le commedie rimaste, in cui egli fa riferimento al teatro
borghese, che si svolge in interni familiari e mette in scena i conflitti
profondi, che si celano dietro la superficie quotidiana degli affetti. (in “un
marito”, “la rigenerazione”)