Johann Gottilieb Fichte nacque a Rammenau nel
1762 da una famiglia poverissima, tanto che compì si suoi studi lottando con la
miseria; egli è il fondatore dell’idealismo: la massima incarnazione del
Romanticismo filosofico, che, infrangendo i limiti conoscitivi posti da Kant,
inaugura una nuova metafisica dell’infinito.
L’IDEALISMO
Con il termine idealismo si possono intendere
tutte quelle dottrine come il platonismo e il cristianesimo che privilegiano la
dimensIone ideale rispetto a quella materiale. In realtà in filosofia il
termine viene utilizzato principalmente per indicare:
-
L’idealismo gnoseologico: quelle posizioni di
pensiero che riducono l’oggetto della conoscenza a idea o rappresentazione
(CartesIo, Berkeley, Kant).
-
L’idealismo romantico: corrente filosofica
fondata da Fichte e Shelling che viene chiamato anche “trascendentale” (Io penso è il principio fondamentale della
conoscenza), “soggettivo”
(poiché si contrappone al punto di vista di Spinoza che aveva ridotto la realtà
a un principio unico di sostanza=natura=oggetto) e “assoluto” (per sottolineare l’affermazione chiave
dell’idealismo romantico secondo cui l’Io è il principio unico di tutto al di
fuori del quale non vi è nulla).
L’idealismo in realtà era già stato avviato
dai diretti seguaci di Kant, i quali criticarono i dualismi del criticismo, tra
i quali la distinzione tra fenomeno e noumeno: In Kant l’Io era qualcosa di
finito, che non creava la realtà, ma si limitava ad ordinarla secondo le proprie
forme a priori, e per questo, sullo sfondo dell’attività dell’Io si distingueva
il concetto di cosa in sé. Avendo dichiarato esistente e al tempo stesso
inconoscibile la cosa in sé, egli si era contraddetto; infatti se l’oggetto del
conoscere risulta concepibile solo in relazione al soggetto che lo rappresenta,
non può venir ammessa l’esistenza di una cosa in sé, ossia di una realtà non
pensabile e non rappresentabile.
L’idealismo romantico nasce proprio quando
Fichte, spostandosi dal piano
gnoseologico, al piano metafisico abolisce la cosa in sé, ovvero qualsiasi
realtà estranea all’Io, che diventa un entità creatrice e infinita, giungendo
ad affermare che tutto è spirito=Io=assoluto=infinito=uomo(non come razza biologica,
ma come entità autonoma, razionale e libera).
Per Fichte l’Io crea la realtà nel senso che
l’uomo rappresenta la ragione d’essere dell’universo e la natura esiste non
come realtà a se stante ma come momento dialettico necessario della vita dello
spirito. Secondo il concetto di dialettica infatti un soggetto senza un
oggetto, un’Io senza un non Io sarebbero entità vuote e astratte; lo spirito
dunque ha bisogno di quella sua antitesi vivente che è la natura. Ma se l’uomo
è la ragione d’essere e lo scopo dell’universo, attributi che la filosofia
occidentale riferiva a dio, vuol dire che l’Io coincide con l’assoluto e con
l’infinito, cioè con Dio stesso (idealismo assoluto). Per gli idealisti infatti
l’unico dio è l’Io, che si sviluppa attraverso il non-Io.
Parliamo dunque di:
-
Panteismo spiritualistico: Dio è
lo spirito operante nel mondo, cioè l’uomo
-
Monismo dialettico: esiste
un’unica sostanza, cioè lo spirito. Il monismo si contrappone a tutti i
dualismi metafisici e gnoseologici dai greci a Kant.
IO PENSO. DA KANT A FICHTE.
-
Kant aveva riconosciuto nell’Io
penso il principio di tutta la conoscenza, questo però è finito perché limitato
dall’intuizione sensibile e dalla cosa in sé, si configura quindi come principio
formale del conoscere.
la deduzione di Kant è trascendentale, diretta a giustificare la
validità delle condizioni soggettive della conoscenza.
-
Fichte invece presenta l’Io come
principio formale e materiale a cui si deve non solo la forma della realtà, ma
la realtà stessa. l’io è dunque infinito, perché tutto esiste nell’Io e per l’Io.
La deduzione di Fichte è assoluta, fa infatti derivare dall’io sia il
soggetto che l’oggetto del conoscere.
LA DOTTRINA
DELLA SCIENZA.
in
quest’opera egli mette in luce il
principio su cui si fonda la validità di ogni scienza. il principio della
dottrina della scienza è l’Io. L’Io non può affermare nulla però, senza
affermare in primo luogo la propria esistenza, ed è proprio questo il primo dei tre momenti della deduzione
fichtiana: L’Io pone se stesso e si configura come attività auto creatrice e
infinita.
Il secondo principio stabilisce che l’Io,
non solo pone se stesso, ma oppone a se stesso qualcosa che, in quanto gli è
opposto è un non-Io=oggetto=natura. Tale non Io è posto dall’Io ed è quindi
nell’Io. Dall’azione reciproca dell’Io e del non-Io nascono sia la conoscenza
sia l’azione morale:
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La dottrina della conoscenza: Mentre il realismo dogmatico afferma che la conoscenza sia prodotta
dall’azione di una cosa esterna sull’Io empirico, Fichte ammette che essa sia
il prodotto di un’attività del non-Io sull’Io, ma poiché il non-Io è a sua
volta posto e prodotto dall’Io, l’attività che esso esercita deriva proprio
dall’Io. L’Io pone il non-Io attraverso l’immaginazione produttiva, che secondo
Fichte produce i materiali stessi del conoscere. Il non-Io non è una parvenza ingannatrice, ma una
realtà.
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La dottrina morale: L’Io pone il non-Io ed esiste come attività conoscente solo per poter
agire, noi esistiamo per agire e il mondo esiste solo come teatro della nostra
azione. Agire significa imporre al non-Io la legge dell’Io. L’Io ha dunque
bisogno del no Io per realizzarsi come attività morale. Così come Kant aveva
insegnato, non c’è attività morale dove
non c’p sforzo e non c’è sforzo dove non c’è un ostacolo da vincere. Tale ostacolo
è la materia, il non-Io. Questo processo di auto liberazione dell’Io dai propri
ostacoli, sottolinea l’infinità dell’Io , che non è mai una realtà conclusa, ma
incessante.
Il terzo
principio: avendo posto il non-Io, l’Io si trova a esistere sotto forma di Io
divisibile molteplice e finito, limitato da una serie di non-Io altrettanto
divisibili. L’Io infinito non è qualcosa di diverso dall’insieme degli Io
finiti nei quali esso si realizza.
In questo senso l’Io viene presentato come una
struttura triadica e dialettica, articolata in tre momenti:
1.
L’Io pone se stesso tesi
2.
L’Io pone il non-Io= antitesi
3.
L’Io oppone, nell’Io, all’’Io
divisibile un non Io divisibile sintesi