LA VITA
Niccolò Machiavelli nacque a Firenze
nel 1469 da una famiglia borghese di
modesta agiatezza economica.
Dei primi anni della sua vita
abbiamo scarse notizie: ebbe un educazione umanistica, basata sui classici
latini, ma non apprese il greco.
Sappiamo con certezza che fu uno degli
oppositori di Savonarola, il quale fu scomunicato, impiccato e bruciato sul rogo come eretico. Sulla scena politica,
i suoi incarichi politici di segretario della seconda cancelleria del Comune e
di un’altra magistratura, gli conferivano grande responsabilità nel campo della
politica interna ed estera ed implicavano missioni diplomatiche in stati
italiani e stranieri. Questi anni furono preziosi poiché consentirono di
accumulare un’esperienza diretta della realtà politica del tempo, che venne poi
riflessa (come egli stesso afferma) nelle sue opere.
Compì ad
esempio diverse missioni diplomatiche in Francia presso re Luigi XII, dove
conobbe la monarchia francese: uno stato solido e moderno che egli vide sempre
come un modello per uno stato italiano.
Compì anche
una missione presso Cesare Borgia, che con l appoggio del padre era riuscito ad
impadronirsi del ducato do Urbino e rimase affascinato e colpito dalla figura
del duca (fece sterminare i partecipanti a una congiura ordita contro di lui),
tanto che nel “Principe” la sua figura viene assunta come esempio della virtù
che deve possedere un principe.
Alla morte
di papa Alessandro VI, divenne papa Giulio II, uno dei più accaniti nemici di
Cesare Borgia, e la costruzione politica di quest’ultimo si frantumò.
Nel 1511, scoppiò
un violento scontro tra la Francia, capeggiata da Luigi XII e appoggiata dalla
repubblica fiorentina e la Lega Santa, capeggiata dal papa Giulio II; le truppe
fiorentine furono battute dall esercito pontificio, la Repubblica cadde, i
medici tornarono a Firenze e Machiavelli venne licenziato da tutti i suoi
incarichi,complice il fatto che fu sospettato di aver preso parte ad una
congiura contro i Medici e, per questo motivo fu tenuto in prigione per
quindici giorni.
L’esclusione
dalla vita politica fu per lui un colpo durissimo ed egli decise di ritirarsi
in una sorta di esilio forzato nel suo podere dell’Albergaccio, presso San
Casciano; qui si dedicò agli studi, continuando però ad informarsi sulla vita
politica, attraverso la corrispondenza con l’amico Francesco Vettori,
ambasciatore a Roma. In questo periodo scrisse il “Principe” e, dedicandolo a
Lorenzo de’ Medici, cercò un’approvazione dalla famiglia, al fine di poter
riacquistare anche la più misera carica pubblica, cosa che non accadde mai.
Alla morte
di Lorenzo, il governo passò a Giulio de’ Medici, il quale, più favorevole a
Machiavelli, gli diede l’incarico di stendere la storia di Firenze (istorie
fiorentine). Da questo momento riottenne vari incarichi ma, dopo la caduta dei
Medici venne ristabilita la Repubblica, e, a causa del suo avvicinamento ai
Medici, venne guardato con sospetto e non gli furono attribuite cariche
pubbliche o politiche. La delusione fu amara, morì il 21 giugno del 1527.
L’EPISTOLARIO
Le lettere
che Machiavelli scrisse ad amici e conoscenti non furono composte in vista
della pubblicazione, rappresentano quindi un colloquio libero con i
destinatari. Troviamo argomenti e toni vari: riflessioni sulla politica e sui
problemi contemporanei, ma anche scherzi o sfoghi. Le lettere più interessanti
sono quelle scritte a Francesco Vettori in seguito alla perdita degli incarichi
politici. La più famosa è quella del 10 dicembre 1513 in cui egli descrive la
propria vita quotidiana e fornisce numerose indicazioni sulla composizione del
“Principe”.
Va
ricordata anche l’epistola indirizzata a Soderini (nipote del gonfaloniere di
Firenze), in cui emergono i punti fondamentali del suo pensiero, soprattutto la
variabilità della fortuna e la conoscenza della realtà che può avvenire
attraverso l’esperienza diretta o quella mediata dai libri.
Gli
scritti politici del periodo della segreteria
LE
LEGAZIONI COMMISARIE
Legazioni inviati al governo fiorentino
durante le varie missioni diplomatiche. Sono testi interessanti perché vedono
il delinearsi del pensiero di Machiavelli e l’affermazione del principio
dell’esperienza come fonte della conoscenza. I più interessanti di questi
documenti i riferiscono a momenti salienti della politica del tempo, le
missioni presso Cesare Borgia e il re di Francia, che verranno poi riprese
nelle opere politiche maggiori.
SCRITTI
SULLA POLITICA
Del
modo di trattare i popoli della Valdichiana
ribellati (consiglia di prendere
decisioni rapide e radicali, imitando i modi dei Romani)
Del
modo tenuto dal duca Valentino per ammazzar Vitellozzo Vitelli (delinea e e esalta il ritratto di Cesare Borgia).
IL
RITRATTO DELLE COSE MAGNE E IL RITRATTO DELLE COSE DI FRANCIA
Riflessioni suscitate dalle missioni in
Germania e in Francia: egli considera la
Francia come il modello di uno stato moderno e solido e sminuisce il modello
imperiale germanico frazionato in feudi e comunità cittadine, dunque debole.
IL
PRINCIPE
LA COMPOSIZIONE DELL’OPERA
Gli studiosi collocano la
composizione del “principe” di Machiavelli tra luglio e dicembre 1513, tenendo
conto delle informazioni contenute nella lettera de 10 Dicembre 1513 all’amico
Francesco Vettori.
Si pensa che sia stato scritto di
getto, mentre si ritiene che la dedica a Lorenzo de’ Medici e il capitolo
finale siano stati composti posteriormente, poiché si distaccano dal tono
argomentativo del resto del trattato.
L’opuscolo circolò inizialmente come
manoscritto e fu dato alle stampe soltanto 10 anni dopo, suscitando
immediatamente molto scalpore.
IL GENERE
Pur essendo un’opera dal pensiero
originale, “il principe” si rifà ad un genere di trattatistica politica che era
abbastanza comune nel Medioevo; circolavano infatti parecchi trattati intesi a
tracciare il modello di principe ideale chiamati “specula principis”,
ricordiamo inoltre il “de vero principe” e il “de regis et boni principis
officio. L’opuscolo si rifà inoltre alla tradizione dei “promemoria”,
contenenti dei suggerimenti che eminenti cittadini inviavano al principe.
STRUTTURA E CONTENUTI
Il principe è un’opera molto breve
divisa in 26 capitoli di lunghezza variabile, con un titolo in latino. Può
essere diviso in diversi capitoli a seconda dell’argomento trattato:
Capitoli 1-11: descrive i diversi
tipi di principato: ereditari o nuovi, i quali possono essere conquistati con
la virtù e armi proprie o con la fortuna e con armi altrui. Definisce inoltre i
principati civili e quelli ecclesiastici.
Capitoli 12-14: affrontano il
problema delle milizie: Machiavelli giudica negativamente gli eserciti
mercenari, definendoli come una delle cause principali della debolezza degli
Stati. Egli infatti affermava che la forza di uno Stato consiste nel poter
contare su un proprio esercito composto
da cittadini che combattono per difendere i loro averi e la loro vita, non per
il denaro.
Capitoli 15-23: trattano dei modi di
comportarsi del principe con i sudditi e con gli amici. Questi sono i capitoli
che hanno suscitato maggiore scalpore.
Capitoli 24-26: esaminano le cause
per cui i principi italiani hanno perso
i loro stati, definiscono il rapporto tra virtù e fortuna.
I Discorsi sopra la prima deca di
Tito Livio
I CONTENUTI E IL GENERE
I “Discorsi sopra la prima deca di
Tito Livio” erano basati sulle carte “liviane”: appunti a cui Machiavelli
affidava riflessioni politiche suggeritegli dalla lettura dei primi dieci libri
della “storia” di Tito Livio, in cui si tratta degli inizi della Roma
repubblicana. Dedicata a due amici di Machiavelli: Buondelmonti e Ruccellai,
l’opera fu divisa in tre parti:
Prima parte: politica interna di
Roma
Seconda parte: politica estera di
Roma
Terza parte: azioni di singoli
cittadini che contribuirono alla grandezza di Roma.
Machiavelli si serve dell’analisi
della storia romana come spunto per riflettere su problemi politici generali e
sulla situazione di firenze e dell’italia in quel periodo, affermando che da
essa si possano ricavare esempi validi per ogni tempo.
I discorsi non rientrano in un
genere preciso, ma si presentano come una serie di riflessioni, spesso
divaganti, ispirate dall’opera di Livio.
DIFFERENZE POLITICHE TRA IL PRINCIPE E I DISCORSI
Nel “principe” Machiavelli promuove
la forma di governo monarchica assoluta e celebra la virtù del principe; nei
“discorsi”, invece, egli indica la repubblica come la forma più alta di
organizzazione dello stato, che si fonda su istituzioni stabili svincolate dai
singoli individui.
Questa oscillazione di pensiero è
data dal fatto che Machiavelli è in realtà orientato verso la repubblica, la
quale garantisce la stabilità dello stato, presenta la figura del principe come
“deus ex machina”(finalizzato a risolvere la situazione gravissima della crisi
italiana, opponendosi all’espansione delle grandi potenze europee. Al di
là di questa differenza il pensiero
Machiavelliano è unitario nelle due opere.
Il
pensiero politico nel Principe e nei Discorsi
Alla base del pensiero di Machiavelli
vi è la coscienza della crisi politica militare e morale che l’Italia stava
attraversando. Egli afferma che l’unica via d’uscita fosse la figura di un
principe di straordinaria virtù in grado di costruire uno stato abbastanza forte
da contrastare l’invasione degli Stati vicini. Il suo pensiero però non resta
limitato, ma egli elabora una teoria che aspira ad avere una portata
universale.
POLITICA SCIENZA AUTONOMA
Nel Medioevo e in età umanistica la politica era
subordinata alla morale e veniva giudicato positivamente il sovrano che si
comportava secondo le norme etiche e negativamente quello che le violava.
Machiavelli rivendica invece l’autonomia politica, affermando che dell’operato
di un principe bisogna valutare esclusivamente se egli abbia raggiunto i fini
della politica ( rafforzare lo stato e garantire il bene dei cittadini).
Machiavelli però aggiunge che i comportamenti immorali sono adottabili solo dal
politico , solo per il bene dello stato, e solo se strettamente necessari; e a
differenza del tiranno, il quale è crudele solo a suo vantaggio, il principe
opera, nel bene e nel male, solo a vantaggio dello Stato.
IL METODO
Machiavelli afferma che solo
mettendo insieme tutte le varie esperienze si può giungere a costruire dei principi
generali. Egli definisce due tipi di esperienza:
diretta: ricavata dalla partecipazione personale alle
vicende presenti
indiretta: ricavata dalla lettura
degli autori antichi
“esperienza delle cose moderne
e lezione delle antique”
CONCEZIONE NATURALISTICA DELL UOMO E PRINCIPIO DI IMITAZIONE
Studiando il comportamento umano
attraverso fonti storiche e esperienze dirette, Machiavelli è afferma che i
comportamenti dell’uomo non varino nel tempo e quindi propone il principio
rinascimentale dell’imitazione, auspicando che gli uomini prendano come esempio
e riproducano i grandi esempi del passato.
Machiavelli ha un a visione
pessimistica dell’uomo: egli infatti afferma che tutti gli uomini sono malvagi
ed egoisti e che dimenticano più facilmente la morte di un padre che la perdita
del patrimonio.
L’uomo politico deve essere
consapevole della natura umana e , utilizzando la figura del centauro,
Machiavelli afferma che egli deve saper essere umano oppure feroce a seconda
delle circostanze.
LO STATO E IL BENE COMUNE
Lo stato viene visto come rimedio
alla malvagità naturale dell’uomo e deve garantire il bene comune. Per far
questo si serve di tre importanti istituzioni:
La religione: considerato soltanto come strumento di governo, che obbliga i
cittadini a rispettarsi. Egli esalta la religione dei Romani, la quale induceva
anche alla forza virile e al coraggio, mentre disprezza la religione cristiana,
che induce gli uomini alla rassegnazione e a svalutare il mondo, per guardare
solo al cielo.
Le leggi: che disciplinano il comportamento dei cittadini
Le milizie: che sono il fondamento della forza dello Stato e devono essere
composte da cittadini che credano nei motivi per cui combattono.
VIRTU’ E FORTUNA
Machiavelli sa bene che l’agire dell
uomo ha precisi limiti, e deve fare i conti con una serei di fattori a lui
esterni: il volto capriccioso e
incostante della fortuna. Secondo lui però, l’uomo può fronteggiare
vittoriosamente la fortuna:
Attraverso la virtù: con la capacità di
prevenzione: nei momenti quieti l’abile politico deve essere in grado di
prevedere i futuri rovesci della fortuna e predisporre i necessari ripari.
LA VIRTU’ di cui parla Machiavelli è
un complesso di varie qualità: la perfetta conoscenza delle leggi dell’agire
politico e la capacità di applicarle, le doti intellettuali e quelle pratiche.
Con l’occasione: le virtù di un politico
restano potenziali se egli non trova l’occasione adatta per affermarle e
viceversa. L’occasione può essere anche una condizione negativa (se gli ebrei
non fossero stati schiavi in egitto, non sarebbero state esaltate le virtù di
mosè)
Adattando il proprio
comportamento alle varie situazioni: questa è una dote
molto rara, poiché se gli uomini hanno sempre auto buon esito nell’operare in
un certo modo, difficilmente si adatteranno a metodi diversi.
ULTIMO CAPITOLO: L’OCCASIONE
Nell’ultimo capitolo Machiavelli
afferma che la situazione disperata dell’Italia può diventare l’occasione
ideale per un principe per mettere in atto la sua virtù e fondare un nuovo
Stato.
In questa parte conclusiva egli
assume un atteggiamento profetico e passionale. Ma il pensiero di Machiavelli,
per la situazione in cui si trovava l’Italia in quel periodo può essere
considerato utopico; tuttavia il suo pensiero era in sintonia con il futuro di
contesti più avanzati e può essere riscontrato nei fondamenti teorici dei
grandi Stati moderni (Inghilterra).
LINGUA E STILE
Nel comporre il suo opuscolo
Machiavelli rifiuta il periodare complesso e ricco di subordinate, e utilizza una prosa chiara e agile ed uno
stile conciso e lapidario, che si imponga solo grazie alla forza delle idee che
contiene.
Il lessico è libero e vario, mescola
latinismi, parole comuni e quotidiane e termini plebei. Utilizza diverse
metafore e paragoni:
Stato -> deve mettere radici
salde come un albero.
Fortuna-> fiume in piena che può
in qualsiasi momento straripare.
Politico-> centauro, volpe.
OPERE
STORICHE
L’ARTE
DELLA GUERRA
E’ un trattato scritot sotto forma di dialogo,
ambientato nei giardini di palazzo Ruccellai. Il personaggio centrare è
Fabrizio Colonna, condottiero dell’esercito spagnolo in Italia e portavoce
delle idee di Machiavelli stesso. Il tema centrale è la polemica contro gli
eserciti mercenari, considerati fattore di debolezza di uno stato e la
necessità per lo stato di valersi di armi proprie. Anche in questo trattato
Machiavelli esalta il modello degli antichi Romani.
LE
ISTORIE FIORENTINE
Narrano la storia dalla caduta dell’Impero romano
alla morte di Lorenzo il Magnifico, soffermandosi approfonditamente sulla
storia interna di Firenze e ne individua le cause della decadenza, in modo da
fornire un insegnamento ai contemporanei. Ricompare infatti la polemica contro
i principi italiani, che hanno portato alla tragica situazione presente; da
questo di può notare che nonostante l’opera sia commissionata dai Medici non
sia una celebrazione cortigiana: Machiavelli, infatti, utilizzando l’espediente dei discorsi, dà la
parola agli avversari dei Medici, in modo da poter inserire anche posizioni
contrastanti.
Per tracciare la sua narrazione Machiavelli si
basa sulle compilazioni storiche precedenti, senza approfondire e fare delle
ricerca sull’effettiva validità di ciò che veniva scritto, per questo motivo il
suo metodo è profondamente diverso dalla storiografia moderna.
LA
VITA DI CASTRUCCIO CASTRACANI (condottiero del Trecento)
Riprende il modello delle biografie classiche
e umanistiche degli uomini illustri e Machiavelli proietta nel condottiero la figura ideale del principe virtuoso,
proposto come modello di comportamento.
OPERE
LETTERARIE
Machiavelli si dedica anche alla produzione
poetica, che riprende i canti carnascialeschi ma anche componimenti di
contenuto morale.
IL DECENNALE
Poemetto che ripercorre la storia fiorentina e
italiana tra il 1494 e il 1504, anni in cui cadde la signoria dei Medici, si
instaurò e poi cadde la repubblica di Savonarola e la nascita della repubblica
del Soderini. Egli utilizza uno stile polemico e tagliente che ricorda la
Commedia dantesca. (Decennale secondo)
I
QUATTRO CAPITOLI
Trattano dell’ambizione, dell’occasione e
della fortuna.
L’ASINO
Riprendendo il mito omerico di Circe e
“L’asino d’oro” di Apuleio, il poeta descrive gli animali di Circe, che
rappresentano i vari tipi di umani. L’opera si collega alla tradizione
carnevalesca nel rovesciamento degli schemi: viene paradossalmente celebrata la
superiorità degli animali sull’uomo, in contrasto con il mito umanistico della
dignità dell’uomo.
LA
NOVELLA DI BELFAGOR ARCIDIAVOLO
Machiavelli ha un atteggiamento misogino.
Belfagor arcidiavolo è inviato sulla terra per verificare se sia vero che le
mogli siano un supplizio più atroce delle pene infernali, si sposa e viene
mandato in rovina dalla moglie che dilapida tutto il suo patrimonio.
LA
MANDRAGOLA
Commedia considerato un vero capolavoro della
produzione comica cinquecentesca.
L’intreccio si svolge a Firenze: Callimaco è innamorata di Lucrezia, sposata
con Nicia, un vecchio dottore in legge.
Per poterla avere ricorre ad uno stratagemma: dato che Nicia è
angustiato dal non avere figli, gli viene fatto credere che la moglie
sicuramente ingraviderà se berrà una pozione magica di mandragola, ma il primo
che avrà rapporti con lei morrà; si consiglia quindi di sostituire a Nicia qualcuno preso dalla strada, che alla
fine si scoprirà essere Callimaco travestito. In questo modo egli ottiene ciò
che desidera.
La commedia rappresenta un mondo dove domina
l’interesse economico l’astuzia e l’inganno.
LA
CLIZIA
Commedia che si rifà alla Casina di Plauto: il
vecchio Nicomano, vittima di una passione per una serva, viene ridicolizzato e
beffato dalla moglie e dai familiari. Vi è una proiezione autobiografica,
Machiavelli infatti ironizza sul suo amore per una giovane cantante. Vi sono
anche riflessioni sulla vecchiaia e sull’impossibilità di realizzare i
desideri.
IL
DISCORSO INTORNO ALLA NOSTRA LINGUA
Afferma che il modello linguistico italiano
deve essere la lingua viva fiorentina.
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