Il sonetto “A Zacinto” fu scritto da Ugo
Foscolo intorno al 1803 ed è dedicato all’isola in cui il poeta nacque, Zante,
che egli chiama “Zacinto”, riferendo sia al suo nome greco antico. Foscolo è
consapevole del fatto che non si ricongiungerà mai più alla sua amata terra
nativa, a causa del suo esilio, prima in Svizzera e poi a Londra.
il sonetto si apre con la locuzione né, che
oltre che a dare un’impronta pessimistica al componimento, si ricollega alla
consuetudine di Foscolo di iniziare i propri sonetti con espressioni vaghe e
indefinite; in questo caso sembra quasi che il sonetto rappresenti la
prosecuzione di un discorso formulato fra sé e rimasto inespresso.
I temi principali sono l’irraggiungibilità
della patria, la nostalgia di casa sono dunque sicuramente i temi principali:
Foscolo accomuna la sua isola a Itaca, la patria di Ulisse e crea un
parallelismo tra se stesso e l’eroe mitologico, il quale torna alla sua isola
dopo vent’anni, carico di fama e circondato dal fascino che deriva dalle sue
sventure; il poeta, invece non potrà più tornare nell’isola natale, la quale
potrà avere solo il suo canto e la sua lode.
Da questo particolare si profila una
contrapposizione tra Foscolo e Ulisse, tra l’eroe romantico e l’eroe classico.
L’eroe romantico è negativo, non può concludere felicemente le proprie
peregrinazioni; l’eroe classico, invece positivo, avrà infine il fato
favorevole.
Il tema della morte è molto sentito
soprattutto nelle ultime due strofe, nelle quali Foscolo esclude anche di poter
essere sepolto nella sua terra natia, poiché il destino avverso gli ha già
imposto la sepoltura in terra straniera in cui nessuno potrà piangere sulla sua
tomba.
Nella seconda terzina Foscolo riprende il mito
di Venere, la quale, secondo la mitologia, nascendo dalle stesse acque che
bagnano Zante e altre isole, le ha rese fertili con il suo primo sorriso.
Centrale nel sonetto è inoltre l’immagine
dell’acqua, notiamo infatti come tutte le rime delle due quartine appartengano
al campo semantico dell’acqua: sponde,
giacque, onde, nacque, feconde, tacque, fronde, acque. L’acqua è vista come
datrice di vita e si identifica con l’immagine materna, inversamente l’assenza
totale di vita è rappresentata dall’assenza di acqua come afferma lo
stesso Foscolo nell’ultimo verso
“illacrimata sepoltura”
Il componimento presenta la classica struttura del sonetto: due quartine e due
terzine con schema di rime ABAB ABAB CDE CDE.
Per quanto riguarda invece le figure retoriche troviamo delle
allitterazioni: sacre sponde, fea… feconde, vergine… venere , e “l’inclito
verso di colui che l’acque”; parecchi enjambement vv 4-5 3-4
8-9 13-14 e le apostrofi
“giacinto mia v.3 e o materna mia terra v13.
Il componimento è inoltre intriso riferimenti
mitologici che oltre ad offrirgli unicità, dimostrano l’ampia preparazione e
conoscenza del Foscolo.
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