giovedì 29 gennaio 2015

Ugo Foscolo - A Zacinto - Analisi - Commento

Il sonetto “A Zacinto” fu scritto da Ugo Foscolo intorno al 1803 ed è dedicato all’isola in cui il poeta nacque, Zante, che egli chiama “Zacinto”, riferendo sia al suo nome greco antico. Foscolo è consapevole del fatto che non si ricongiungerà mai più alla sua amata terra nativa, a causa del suo esilio, prima in Svizzera e poi a Londra.
il sonetto si apre con la locuzione né, che oltre che a dare un’impronta pessimistica al componimento, si ricollega alla consuetudine di Foscolo di iniziare i propri sonetti con espressioni vaghe e indefinite; in questo caso sembra quasi che il sonetto rappresenti la prosecuzione di un discorso formulato fra sé e rimasto inespresso.
I temi principali sono l’irraggiungibilità della patria, la nostalgia di casa sono dunque sicuramente i temi principali: Foscolo accomuna la sua isola a Itaca, la patria di Ulisse e crea un parallelismo tra se stesso e l’eroe mitologico, il quale torna alla sua isola dopo vent’anni, carico di fama e circondato dal fascino che deriva dalle sue sventure; il poeta, invece non potrà più tornare nell’isola natale, la quale potrà avere solo il suo canto e la sua lode.
Da questo particolare si profila una contrapposizione tra Foscolo e Ulisse, tra l’eroe romantico e l’eroe classico. L’eroe romantico è negativo, non può concludere felicemente le proprie peregrinazioni; l’eroe classico, invece positivo, avrà infine il fato favorevole.
Il tema della morte è molto sentito soprattutto nelle ultime due strofe, nelle quali Foscolo esclude anche di poter essere sepolto nella sua terra natia, poiché il destino avverso gli ha già imposto la sepoltura in terra straniera in cui nessuno potrà piangere sulla sua tomba.
Nella seconda terzina Foscolo riprende il mito di Venere, la quale, secondo la mitologia, nascendo dalle stesse acque che bagnano Zante e altre isole, le ha rese fertili con il suo primo sorriso.
Centrale nel sonetto è inoltre l’immagine dell’acqua, notiamo infatti come tutte le rime delle due quartine appartengano al campo semantico dell’acqua:  sponde, giacque, onde, nacque, feconde, tacque, fronde, acque. L’acqua è vista come datrice di vita e si identifica con l’immagine materna, inversamente l’assenza totale di vita è rappresentata dall’assenza di acqua come afferma lo stesso  Foscolo nell’ultimo verso “illacrimata sepoltura”
Il componimento presenta la classica  struttura del sonetto: due quartine e due terzine con schema di rime ABAB ABAB CDE CDE.  Per quanto riguarda invece le figure retoriche troviamo delle allitterazioni: sacre sponde, fea… feconde, vergine… venere , e “l’inclito verso di colui che l’acque”; parecchi enjambement vv 4-5   3-4   8-9   13-14 e le apostrofi “giacinto mia v.3 e o materna mia terra v13.
Il componimento è inoltre intriso riferimenti mitologici che oltre ad offrirgli unicità, dimostrano l’ampia preparazione e conoscenza  del Foscolo.


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