giovedì 29 gennaio 2015

Gabriele D’Annunzio - Vita - Opere - Pensiero

VITA
Vicino ai principi dell’estetismo, Gabriele D’Annunzio fu costantemente teso a fare della sua vita una vera e propria opera d’arte, per questo motivo i suoi dati biografici, meritano grande considerazione, anche in rapporto con la sua produzione letteraria.
Nato a Pescara nel 1863 da un’agiata famiglia borghese, studiò nelle scuole più aristocratiche dell’Italia del tempo. Frequentò l’università a Roma ma presto abbandonò gli studi, preferendo vivere tra salotti mondani e redazioni di giornali. Acquistò subito notorietà sia attraverso la produzione di versi e opere narrative sia attraverso una vita scandalosa per i principi morali dell’epoca, fatta di avventure galanti, lusso, duelli. Sono gli anni in cui egli si crea la maschera dell’esteta, dell’individuo superiore che rifiuta la mediocrità borghese, rifugiandosi in un mondo di pura arte.
Agli inizi degli anni Novanta, questa fase estetizzante attraversò un periodo di crisi; gli allora cercò nuove soluzioni e le trovò in un nuovo mito, quello del superuomo Nietzschiano caratterizzato da
energia eroica e attivista. D’Annunzio, in particolare, puntava a creare l’immagine di una vita eccezionale: colpivano, ad esempio, la sua villa sui colli di Fiesole dove conduceva una vita da principe e i suoi amore, in particolare quello lungo e tormentato con l’attrice Eleonora Duse.
D’Annunzio era tuttavia legato alle esigenze del sistema economico del suo tempo, in quanto voleva mettersi in primo piano nell’attenzione pubblica per vendere i suoi prodotti letterari. Egli disprezzava il mondo borghese, ma in realtà era legato alle sue leggi e spregiava le masse, ma fu costretto a sollecitarle. (Contraddizione).
Egli inoltre vagheggiava sogni di attivismo politico e nel 1897 divenne deputato dell’estrema destra con cui condivideva le idee anti democratiche, anti egualitarie e nazionalistiche, successivamente si schierò con la sinistra. A causa di creditori, però, fu costretto a fuggire dall’Italia e a rifugiarsi in Francia.
L’occasione attesa per l’azione eroica gli fu offerta dalla Prima guerra mondiale: egli tornò in Italia e iniziò una campagna interventista, si arruolò volontario e fu aviatore. Nel dopoguerra, riservando rancori per la “vittoria mutilata”, egli organizzò una marcia di volontari su Fiume dove instaurò un dominio personale, ma fu scacciato con le armi e superato dal più abile politico Benito Mussolini dal quale, visto con sospetto, fu confinato in una villa in cui vi morì nel 1938.
Egli ebbe una notevole influenza nella cultura e nella politica italiana: elaborò ideologie, atteggiamenti e slogan che furono fatti propri dal fascismo, diede vita al fenomeno del dannunzianesimo e ispirò le forme della crescente cultura di massa.

L’ESORDIO
L’esordio letterario coincide con due raccolte liriche “Primo vere” e canto novo che si rifanno a Carducci, e una raccolta di novelle terra vergine che si rifà a verga.

·       “Canto novo”: riprende da Carducci la metrica barbara e la comunione con una natura solare e vitale; ma questi temi sono portati al limite estremo fino al panismo. Non mancano visioni cupe e mortuarie, che fanno già intuire come il vitalismo sfrenato celi in se il fascino ambiguo della morte.

·       “Terra vergine”: è il corrispettivo in prosa di canto novo, il modello è Verga, infatti presenta figure e paesaggi della sua terra, l’Abruzzo. Ma non ha l’intensione di Verga, di analizzare i meccanismo della lotta per la vita nelle basse sfere, e non riprende l’impersonalità verghiana: il mondo è sostanzialmente idillico, caratterizzato da passioni primordiali e sul piano della tecnica narrativa si avverte la soggettività del narratore.
Sulla stessa linea si pone Novelle Della Pescara, che rivela un compiacimento per il mondo magico, superstizioso e immaginario che si ricollega alla matrice irrazionalistica del decadentismo.

LA FASE ESTETICA
A questo periodo si ricollegano “l’Intermezzo di rime” “l’Isotteo” e “la Chimera”. L’estetismo dannunziano si esprime nella formula “il verso è tutto”, l’arte è il valore supremo, la vita si sottrae alle leggi del bene e del male e si sottopone solo alle leggi del bello, trasformandosi in opera d’arte. L’esteta si isola dalla realtà della società borghese in un mondo rarefatto e sublimato di pura arte e bellezza. La svolta esteta sicuramente è una risposta ideologica di D’Annunzio ai processi sociali in atto nell’Italia post unitaria che tendevano a declassare e emarginare l’artista. Il giovane poeta non si rassegna ad essere schiacciato, vuole il successo e la fama, non si accontenta di sognare, rifugiandosi nella letteratura: vuole vivere anche quel personaggio nella realtà, si preoccupa di produrre libri di successo, che rendano bene e propone un immagine nuova d’intellettuale, che si pone fuori dalla società borghese in una condizione di privilegio.

LA CRISI DELL’ESTETISMO E IL PIACERE
Presto però D’Annunzio si rende conto della debolezza della figura dell’esteta, che non riesce ad opporsi realmente alla società borghese: il suo isolamento diviene sterilità e impotenza, la bellezza si trasforma in menzogna, la costruzione dell’estetismo entra in crisi.
·       Al centro del romanzo “il Piacere” si pone la figura di Andrea Sperelli, alter-ego di D’Annunzio, che proviene da una famiglia di artisti e vuole fare della vita un opera d’arte, ma è un uomo dalla volontà debolissima, che si concretizza nel rapporto con due donne, Elena Muti, una donna fatale; e Maria Ferres, una donna pura; alla fine egli sarà abbandonato da entrambe. Nei confronti di questo d’annunzio ha un atteggiamento di ambiguità, tal volta impietosamente critico, altre volte subisce un sottile fascino da esso e ciò dimostra che il piacere non dimostra la definitiva crisi dell’estetismo. Dal punto di vista stilistico egli risente del realismo e del verismo, ma mira soprattutto a creare un romanzo psicologico.

LA FASE DELLA BONTÀ
La crisi dell’estetismo non approda immediatamente a soluzioni alternative e al piacere succede un periodo di sperimentazione. D’Annunzio subisce il fascino del romanzo russo, come si nota nel Giovanni Episcopo, storia di un umiliato che tocca l’estrema degradazione, arrivando al suicidio (Dostoevskij). Allo stesso periodo risale il poema paradisiaco percorso dal desiderio di recuperare l’innocenza dell’infanzia, recuperare le cose semplici e gli affetti familiari.


LA FASE SUPEROMISTICA
La fase della bontà è solamente una soluzione provvisoria, uno sbocco alternativo alla crisi dell’estetismo scaturirà dalla lettura del filosofo Nietzsche. D’Annunzio coglie alcuni aspetti del pensiero del filosofo banalizzandoli: il rifiuto del conformismo borghese, dei principi egualitari, l’esaltazione dello spirito dionisiaco, il vitalismo gioioso, libero dalla morale comune, il rifiuto dell’etica della pietà, dell’altruismo, della tradizione cristiana e in particolare riprende il mito del superuomo. Egli dà a questi motivi una coloritura antiborghese e imperialistica, contro i principi democratici ed egualitari e vagheggia la formazione di una nuova democrazia, formata, per l’appunto, da superuomini. Il motivo Nietzschiano del superuomo è interpretato da D’Annunzio come il diritto di pochi esseri eccezionali ad affermare sé stessi. Il dominio di questi deve tendere ad una nuova politica aggressiva dello stato italiano, che strappi la nazione dalla sua mediocrità e la avvii verso destini imperiali come l’antica Roma. Il superuomo non nega l’immagine dell’esteta, ma la ingloba in sé conferendole una diversa funzione; il superuomo non si accontenta più di vagheggiare la bellezza in una dimensione appartata, ma ha una funzione di “vate”, di guida in questa realtà, ha quindi una missione politica, l’artista deve aprire la strada a queste nuove èlites, che ponga fine al caos del liberalismo e della democrazia.

·       “Il trionfo della morte”: l’eroe, Giorgio Aurispa, è ancora un esteta, travagliato da una malattia interiore, che lo svuota delle energie vitali, va alla ricerca di un nuovo senso della vita: tenta di riscoprire le radici della sua stirpe e insieme con la donna amata, Ippolita, si ritira in un villaggio abruzzese, riscopre le sue origini, ma ne rimane disgustato; la soluzione alla sua malattia si affaccia nel messaggio di Nietzsche nell’immersione nella vita, ma l’eroe non è in grado di realizzare il progetto; si oppongono le forze oscure della sua psiche incarnate dalla donna, Ippolita; al termine del romanzo si uccide.

·       “Le vergini delle rocce”: segna una svolta ideologica radicale D’Annunzio non vuole più proporre un personaggio debole, tormentato, incerto, ma un eroe forte e sicuro, Claudio Cantelmo, sdegnoso dell’Italia post-unitaria, vuole generare il superuomo che guiderà l’Italia a destini imperiali, quindi va in cerca della donna con cui generare il futuro superuomo, in una famiglia della nobiltà in piena decadenza; egli però non riesce a scegliere tra le tre principesse e il romanzo si conclude con la sua perplessità; questa scelta è ambigua, dietro i propositi vitalistici, egli sembra celare un’attrazione per la decadenza e la morte, poiché la famiglia vive isolata in un’antica villa nel culto ossessivo del passato, devastato dalla malattia e dalla follia, e quindi il vitalismo esasperato sembra essere l’immagine della morte che ossessiona e affascina il poeta.

·       Il Fuoco”: l’eroe, Stelio Affrena, medita una grande opera artistica, che sia fusione di poesia, musica, danza e vuole creare un nuovo teatro che forgi lo spirito nazionale. Anche qui forze oscure si oppongono all’eroe e prendono corpo in una donna, Foscarina Perdita, un’attrice, che ostacola l’eroe nella sua opera.

·       Forse che si forse che no”: il protagonista, Paolo Tarsis, realizza la sua volontà eroica nel volo aereo simbolo della modernità, ma ancora una volta si oppone una donna perversa, nevrotica ai limiti della follia, Isabella Inghirami. L’eroe però trova una via di liberazione mentre cerca la morte, sicuro di precipitare con l’aereo in mare, è riassalito dal desiderio della vita e riesce ad approdare sulle coste della Sardegna.

In questi romanzi nonostante le loro velleità attivistiche ed eroiche, i protagonisti restano sempre deboli e sconfitti incapaci di tradurre le loro aspirazioni in azioni, la decadenza e la morte esercitano sempre su di essi un’irresistibile attrazione. I romanzi si incentrano sulla visione soggettiva del protagonista, la vicenda romanzesca si svolge tutta nella sua mente e D’Annunzio dà una particolare attenzione alle analisi psicologiche e episodi densamente simbolici.

LE OPERE DRAMMATICHE

L’ideologia superomistica ha un peso determinante nell’approdo di D’Annunzio al teatro che avviene con la composizione della “Città Morta”. Secondo il poeta, il teatro, riferendosi alle moltitudini, può essere un più potente strumento di diffusione del verbo superomistico e può aiutare a rinsaldare la coscienza della stirpe latina, avviata destini imperiali. Al teatro D’Annunzio si avvicino anche per la suggestione della grande attrice Eleonora Duse. È ovvio che la drammaturgia dannunziana rifiuti le forme del teatro del tempo, borghese e realistico, mirando ad un teatro di “poesia”, che trasfiguri e sublimi la realtà. Per questo motivo, molte delle sue opere attingono gli argomenti dalla storia, o dal mito classico. Nelle tragedie ricorre costantemente la tematica superomistica. La tensione superomistica all’eroismo e all’azione si scontra con forze di segno contrario, che corrodono lo slancio energico dell’eroe, svuotano la sua volontà o vanificano i suoi sforzi, prospettando un approdo di sconfitta. L’eroe, come sempre, trova nella donna fatale, la “Nemica”. A parte rispetto ai precedenti drammi si colloca “La Figlia Di Iorio”, che D’Annunzio definisce “tragedia pastorale”.


LE LAUDI

L’approdo all’ideologia superomistica coincide con la progettazione di vaste e ambiziose costruzioni letterarie tra le quali la summa della sua visione in sette libri di “Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi”. Egli pubblicò soltanto i primi cinque libri dei quali i primi tre furono “Maia”, “Elettra” e “Alcyone”.

MAIA
Non si tratta di una raccolta di liriche ma di un poema unitario di oltre ottomila versi. Vi sono parecchie novità formali: D’Annunzio non segue più gli schemi della metrica tradizionale, né quella della metrica barbara, ma adotta il verso libero senza schema fisso. L’opera rappresenta la trasfigurazione mitica di un viaggio in Grecia realmente compiuto da D’Annunzio. Il protagonista si presenta come un eroe omerico, pronto a sprezzare ogni limite pur di raggiungere le sue mete; si tratta di un’immersione in un passato mitico alla ricerca di un vivere sublime all’insegna della forza e della bellezza. Vi è poi la reimmersione nella realtà moderna, nelle metropoli industriali orrende ma brulicanti di immense potenzialità vitali; l’orrore della civiltà si trasforma dunque in una nuova forza e bellezza. Il poeta infatti, inneggia ad aspetti tipici della modernità come le macchine, che un tempo respingeva poiché esse racchiudono in sé possenti energie che possono essere indirizzate a fini eroici ed imperiali e inneggia anche alle masse operaie che possono essere strumento di grandi imprese.
 Si tratta di una svolta radicale: il poeta non si contrappone più alla realtà borghese moderna, ma si propone come cantore dei suo i fasti, guida delle sue imprese. Però, dietro questa celebrazione dell’epica eroica della modernità è facile intravedere la paura e l’orrore dl poeta dinnanzi alla realtà industriale che tende ad emarginarlo ed egli decide di esorcizzare la paura e l’orrore autoinvestendosi di un nuovo ruolo: cantore e celebratore.

ELETTRA
È una raccolta di componimenti che riprendono il tempa della propaganda politica diretta. Tra le liriche sicuramente le più suggestive sono quelle sulle Città del silenzio, in cui egli inneggia alla bellezza artistica di antiche città italiane lasciate ai margini della vita moderna.

ALCYONE
È una raccolta apparentemente molto lontana dalle altre due: si accentua il tema lirico della fusione panica con la natura e un atteggiamento di evasione e contemplazione. L’io del poeta si fonde col fluire della vita del Tutto e si identifica con le varie presenze naturali. L’esperienza panica non è che una manifestazione del superomismo: solo al superuomo è concesso di “transumanare” al contatto con la natura, in quanto solo il poeta- superuomo può cogliere l’armonia segreta della natura.

IL PERIODO “NOTTURNO”
Dopo la pubblicazione del romanzo “Forse che si forse che no”, D’Annunzio non scrive più romanzi e si dedica a nuove forme di prosa, una prosa lirica, evocativa e frammentaria. A quest’ultimo periodo risalgono le opere “Contemplazione della morte” e “Notturno”. Si tratta di opere diverse tra loro, accomunate dal tagli autobiografico e dal registro stilistico più misurato. Si intravede un D’Annunzio finalmente genuino e sincero, libero dalle maschere estetiche e superomistiche. Vi si osserva un ripiegamento ad esplorare la propria interiorità pervasa da inquietudini e perplessità e dal pensiero della morte. Non mancano tuttavia pose narcisistiche di autocelebrazione che rimandano all’ideologia superomistica.
Notturno” in particolare, fu composto quando lo scrittore era costretto ad un’assoluta immobilità causata da provvisoria cecità, che lo spinge a scrivere impressioni, visioni e ricordi che vengono annotati rapidamente e in modo frammentario.



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