giovedì 29 gennaio 2015

Giovanni Pascoli - Vita - Opere - Pensiero

La vita

Giovanni Pascoli nacque il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, da una famiglia della piccola borghesia rurale. Giovanni è il quarto di ben 10 fratelli. Il 10 agosto 1867 mentre tornava a casa al mercato di Cesena, Ruggero Pascoli (padre di Giovanni) fu ucciso a fucilate, ciò diede al giovane Pascoli il senso di un'ingiustizia bruciante. La morte del padre creò difficoltà economica alla famiglia, che dovette trasferirsi a San Mauro e in seguito a Rimini. Giovanni sin dal 1862 studiò nel collegio degli Scolopi ad Urbino dove ricevette una rigorosa formazione classica. Successivamente ottenne una borsa di studio presso l'Università di Bologna, dove frequentò la facoltà di lettere. Qui Pascoli subì il fascino dell'ideologia socialista, un socialismo utopico, che affida alla poesia il compito di diffondere amore e fratellanza, poiché alla base vi era la convinzione che sulla terra dominasse solo il male (“Il dolore perfezionando il nostro animo, deve insegnare il perdono”). L’adesione all’anarchismo e al socialismo era un fenomeno diffuso tra gli intellettuali piccolo
borghesi del tempo, così la militanza attiva di Pascoli nel movimento si scontrò ben presto con la repressione poliziesca e dopo aver trascorso alcuni mesi in carcere decise di restare fedele all'ideale socialista, ma rifiutò la gelida dottrina marxista. Pascoli si laureò nel 1882. Inizio subito la carriera di insegnante liceale. Nel 1895 Pascoli aveva ottenuto la cattedra di grammatica greca e latina all'Università di Bologna e poi di letteratura latina all'Università di Messina successivamente passo a Pisa e nel 1905 subentrò al suo maestro, Carducci, nella cattedra di letteratura italiana a Bologna. La sua fama di poeta si allargava e consolidava. Negli ultimi anni volle gareggiare col maestro Carducci e con D'Annunzio nella funzione di poeta civile, "vate" dei destini della patria e celebratore delle sue glorie. Morì il 6 aprile 1912 a Bologna.

La visione del mondo
Il “nido” familiare.
La chiusura gelosa nel ““nido”” familiare l'attaccamento morboso alle sorelle rivelano la fragilità della struttura psicologica del poeta, che cerca entro le pareti del ““nido”” la protezione da un mondo esterno. Ogni vita di relazione è sentita come un tradimento nei confronti dei legami oscuri, viscerali del ““nido””. Perciò non vi sono relazioni amorose nell'esperienza del poeta, che conduce una vita forzatamente casta. C'è in lui lo struggente desiderio di un vero ““nido””, in cui esercitare un'autentica funzione di padre, il legame ossessivo con il “nido” infantile spezzato gli rende impossibile la realizzazione del sogno. Questa situazione affettiva del poeta è la premessa indispensabile per penetrare nel mondo della sua poesia ed è una chiave necessaria per cogliere il carattere turbato, tormentato, morboso della poesia di Pascoli.

La crisi della materia positivistica
La formazione di Pascoli fu essenzialmente positivistica, tale matrice è ravvisabile nell'ossessiva precisione con cui egli usa la nomenclatura ornitologica e botanica. In Pascoli si riflette quella crisi della scienza che caratterizza la cultura di fine secolo, segnata dall'esaurirsi del positivismo e dall'affermarsi di tendenze spiritualistiche è idealistiche. Anche in Pascoli insorge una sfiducia nella scienza come strumento di conoscenza e di ordinamento del mondo: anche per lui al di là dei confini limitati raggiunti dall'indagine scientifica, si apre l'ignoto, il misterioso, l'inconoscibile, verso cui l'anima si protende ansiosa. Il mondo appare frantumato, disgregato. Le sue componenti si allineano sulla pagina come se si offrono ad una percezione casuale, non si compongono mai in un disegno unitario e coerente, in obbedienza ai dettami della logica comune. Non esistono neppure gerarchie d'ordine tra gli oggetti: ciò che è piccolo si mescola ciò che è grande.
Il segreto dell’armonia sociale per Pascoli consiste nel fatto che ciascuno si contenti di ciò che ha. Il suo ideale di vita si incarna nell’immagine del proprietario rurale. La proprietà è per il poeta un valore sacro e intangibile, la base della dignità e della libertà dell’individuo.

I simboli.
Gli oggetti materiali hanno un rilievo fortissimo nella poesia Pascoliana e i particolari sono filtrati attraverso la peculiare visione soggettiva del poeta e in tal modo si caricano di valenze allusive simboliche.
Gli oggetti materiali sono filtrati attraverso la peculiare visione soggettiva del poeta è in tal modo si caricano di valenze allusive e simboliche, rimandano sempre a qualcosa che è al di là di essi, all'ignoto di cui sono come messaggi misteriosi affascinanti. Il mondo e visto attraverso il bello del sogno e perde ogni consistenza oggettiva, le cose sfumano le une nelle altre, in un gioco di metamorfosi tra apparenze labili è illusorie. La conoscenza del mondo avviene attraverso strumenti interpretativi non razionali, che trasportano di colpo, senza seguire tutti i passaggi del ragionamento logico, nel cuore profondo della realtà. Tra io e mondo esterno, tra oggetto e soggetto non sussiste quindi una vera distinzione. Le cose si caricano di significati umani. La visione del mondo Pascoliano si colloca a buon diritto entro le coordinate della cultura decadente è presentando cospicue affinità con la visione dannunziana.

La poetica.
Il fanciullino.
Da questa visione del mondo scaturisce con perfetta coerenza la poetica Pascoliana che trova la sua formulazione più compiuta, sistematica dell'ampio saggio “il Fanciullino”. Il poeta coincide col “fanciullino” che sopravvive al fondo di ogni uomo: un fanciullino che vede tutte le cose <come le per la prima volta>, con ingenuo stupore e meraviglia, come dovette vederle il primo uomo all'alba della creazione. Alla pari di Adamo, il poeta fanciullino dà il nome alle cose e per farlo devi usare una novella parola. Dietro questa metafora del fanciullino è facile scorgere una concezione della poesia come conoscenza prerazionale è immaginosa, che Pascoli piega ormai in direzione decisamente decadente. Grazie al suo modo analogico di vedere le cose, il poeta fanciullino, senza farci scendere ad uno ad uno i gradini del pensiero, come è proprio del ragionamento logico e del procedimento della ricerca scientifica, ci fa sprofondare immediatamente nell'abisso della verità. L'atteggiamento irrazionale e intuitivo consente una conoscenza profonda della realtà, ma il fanciullino scopre nelle cose le somiglianze e le relazioni più ingegnose. Il poeta appare come un veggente, dotato di una vista più acuta di quella degli uomini comuni, colui che può esplorare il mistero.

La poesia “pura”.
In questo quadro culturale si colloca la concezione della poesia “pura”, la poesia non deve avere fini estrinseci, pratici; <il poeta canta solo per cantare>. Pascoli precisa che la poesia pura può ottenere effetti di suprema utilità morale e sociale. A tal esempio cita Virgilio che fece poesia senza pensare ad altro (cantò per cantare) è proprio attraverso questa insegnava ad amare la vita in cui non ci fosse lo spettacolo né doloroso della miseria né invidioso della ricchezza: egli voleva abolire la lotta tra le classi e la guerra tra popoli. Pascoli ripudia il principio aristocratico del classicismo che esige una rigorosa separazione tra ciò che è alto e ciò che è basso ed accetta solo la prima categoria di oggetti nel campo selezionatissimo della poesia. La poesia è anche nelle piccole cose, che hanno un loro sublime particolare, una dignità non minore di quelle auliche. Pascoli porta alle estreme conseguenze la rivoluzione romantica. Tra oggetti aulici e umili, tra le parole che li esprimono, non vi è più conflitto di esclusione, voi può essere pacifica convivenza.

L’ideologia politica

L'adesione al socialismo.
Dai principi letterari di Pascoli affiora una concezione di tipo socialista, un socialismo umanitario e utopico, che affida alla poesia la missione di diffondere l'amore e la fratellanza. Durante gli anni universitari Pascoli subì l’influenza delle ideologie anarco-socialiste. L'adesione all'anarchismo il socialismo è un fenomeno diffuso tra gli intellettuali piccolo borghesi del tempo. Si sentiva minacciato nella sua identità dall'avanzata della civiltà industriale moderna che toglieva prestigio alla tradizione culturale umanistica, declassazione. Pascoli sentiva soprattutto gravare su di sé il peso di ingiustizia immodificabile, l'uccisione del padre, lo smembramento della famiglia, i lutti, la povertà: tutto ciò gli sembrava l'effetto di un meccanismo sociale perverso, aderì quindi all'internazionale socialista, ma il movimento ancarco-socialista si scontrò con la repressione poliziesca e Pascoli venne tenuto mesi in carcere e processato. Fu per lui un’esperienza terribile e quando uscì’ assolto dal processo, abbandonò definitivamente ogni forma di attivismo.
Dal socialismo alla fede umanitaria.
Ma questo distacco ebbe anche delle motivazioni storiche: successivamente al fallimento dei moti anarchici, il partito socialista abbandonò il pensiero utopico per accostarsi a quello di Marx. Il socialismo marxista si fondava sullo scontro violento, rivoluzionario e Pascoli non poteva accettare conflitti violenti ma sognava un affratellamento di tutti gli uomini. Il poeta non rinnegò gli ideali socialisti, li trasformò in una generica fede umanitaria, nutrita di elementi provenienti dal cristianesimo, dal francescanesimo. Socialismo per lui era un appello alla bontà, l'amore alla fratellanza, alla solidarietà fra gli uomini. Alla base vi era una radicale pessimismo, la convinzione che la vita umana non è che dolore e sofferenza, che sulla terra domina solo il male: per questo gli uomini devono cessare di farsi del male fra loro, è soccorresti a vicenda.
La mitizzazione del piccolo proprietario rurale.
Ogni classe doveva conservare la sua distinta fisionomia, la sua collocazione nella scala sociale, ma doveva collaborare con tutte le altre, con amore fraterno e spirito di solidarietà. Il segreto dell'armonia sociale consiste nel fatto che ciascuno si contenti di ciò che ha, che viva felice anche del poco. Il suo ideale di vita si incarna nell'immagine del proprietario rurale. Ma il poco è preferibile al molto il piccolo al grande: la felicità è possibile solo nella dimensione del piccolo podere. Pascoli mitizza così il mondo dei piccoli proprietari agricoli come mondo sereno e saggio, baluardo che difende i valori fondamentali, la famiglia, la solidarietà, la laboriosità. Era un mondo che sta ormai scomparendo, cancellato dai processi di concentrazione capitalistica.


Il nazionalismo
Il fondamento dell’ideologia di Pascoli è la celebrazione del nucleo famigliare che si raccoglie entro la piccola proprietà. Questo senso geloso della proprietà si allarga fino ad inglobare l’intera nazione. Si collocano qui le radici del nazionalismo Pascoliano. Il dramma dell’emigrazione induce Pascoli a far proprio un concetto del nazionalismo italiano del primo-900: nazioni ricche e potenti, “capitaliste”, e nazioni “proletarie”, povere, deboli e oppresse. Pascoli arriva dunque ad ammettere la legittimità delle guerre condotte dalle nazioni proletarie per le conquiste coloniali in modo da dar terra e lavoro ai loro figli più poveri. Pascoli, al pari di D’annunzio, arriva a celebrare la guerra di Libia come un momento di riscatto della nazione italiana, che trova in essa la sua coesione spirituale, completando il processo risorgimentale, dando una coscienza nazionale alle sue plebi e attribuendo loro dignità civile attraverso il possesso della terra.


I temi della poesia Pascoliana
Gli intenti pedagogici e predicatori
Pascoli è l'esatto contrario del poeta maledetto. Egli incarna esemplarmente l'immagine del piccolo borghese, appagato nella sua mediocrità di vita. Dal punto di vista letterario, l'immagine del poeta corrisponde perfettamente quella dell'uomo: Pascoli si presenta programmaticamente come il celebratore della realtà piccolo borghese dei suoi valori. Una parte cospicua della sua produzione è destinata proprio alla funzione di proporre quella determinata visione di vita, in nome degli intenti pedagogici, moralistici, sociali. A questo filone diciamo "ideologico" della poesia Pascoliane appartiene quindi anche la predicazione sociale e umanitaria, il sogno di un'umanità affratellata, che nella solidarietà trovi una consolazione al male di vivere.

I miti
Questa predicazione si avvale anche di miti, impiegati per il loro potente valore suggestivo. Il “fanciullino” che è al fondo di ognuno di noi, rappresenta la nostra parte naturalmente ingenua e buona e può garantire la fraternità dell'uomo. Il ““nido”” familiare caldo e protettivo, in cui i componenti si possono spingere per trovare conforto e riparo dall'urto di una realtà esterna minacciosa e paurosa. Con il ““nido”” si collega il motivo ossessivamente ricorrente del ritorno dei morti: La tragedia familiare scaturita dall'assassinio del padre è trasformata da Pascoli in una vicenda esemplare, da cui si può ricavare l'idea del male che alligna tra gli uomini e la necessità del perdono e della concordia. Affrontando questi temi Pascoli interpretava la visione della vita e i sentimenti di larghi strati della popolazione italiana: mentre D'Annunzio offriva alle masse piccole borghesi un sogno evasivo di gloria, Pascoli radicava tra il pubblico le convinzioni profonde che esso già possedeva. Per tanti anni il Pascoli presente nei libri di testo fu proprio questo poeta predicatorio e  sentimentale. Egli stesso negli scritti indicava esplicitamente i fanciulli come suo uditorio ideale. Quest'immagine di Pascoli fu accolta anche alla critica, che a lungo parlò il poeta delle piccole cose, della natura campestre e degli affetti familiari, del poeta fanciullino cantore della bontà, dell'innocenza, del candore, dei valori  domestici e  civili, della funzione sublime della sofferenza.

Il grande Pascoli decadente
Le trasformazioni del clima culturale e del gusto hanno portato alla luce un Pascoli tutto diverso, scoprendone la straordinaria novità e forza d'urto, un Pascoli inquieto, tormentato, morboso, visionario, che ben si inserisce nel panorama del contemporaneo decadentismo europeo. È il Pascoli che è in perenne auscultazione del mistero che è al di là delle cose più usuali, che sa rendere la presenza di questa seconda, inquietante dimensione caricando gli oggetti più comuni, le "piccole cose", di sensi allusivi e simbolici; che proietta nella poesia le sue ossessioni profonde. Al di là del poeta pedagogo,  si delinea un grandissimo poeta dell'irrazionale, capace di raggiungere profondità inaudite. Pascoli è ben più radicale di D'Annunzio, perciò il "poeta fanciullino" può a buon diritto essere ritenuto il nostro scrittore più autenticamente decadente.

  
Le angosce e le lacerazioni della coscienza moderna
I due Pascoli sono connessi da legami profondi e necessari: la celebrazione del “nido”, delle piccole cose, della mediocrità appagata del piccolo borghese, della fraternità umana, è proposta proprio per erigere un baluardo rassicurante dinanzi all’urgere di forze minacciose.


LE RACCOLTE POETICHE
I componimenti Pascoliani, spesso comparsi originariamente su periodici e riviste, furono poi raccolti dal poeta in una serie di volumi:

Myricae
La prima raccolta nel proprio fu “Myricae” contenente 22 poesie, successivamente 72 componimenti, in seguito 116 e infine 156. Il titolo è una citazione Virgiliana, tratta dall'inizio della IV bucolica, in cui il poeta latino proclama l'intenzione di innalzare un poco il tono del suo canto. Pascoli assume invece le umili piante proprio come simbolo delle piccole cose. Si tratta di componimenti molto brevi di ritratti con un gusto impressionistico, con le rapide notazioni che colgono un particolare, una linea, un colore, un suono. Si caricano di sensi misteriosi e suggestivi, sembrano alludere ad una realtà ignota e inafferrabile che si colloca al di là di essi; sono i segnali di un enigma affascinante ed inquietante insieme. I temi più ricorrenti sono: la morte, il ritorno dei morti familiare si delinea quel romanzo familiare che è il nucleo doloroso della sua visione del reale. Compaiono poi quelle soluzioni formali che costituiscono la profonda originalità della poesia Pascoliane.

I Poemetti
I poemetti sono componimenti più ampi che all'impianto lirico sostituiscono un più disteso taglio narrativo, diventando spesso dei veri propri racconti in versi. Ai versi brevi subentrano le terzine dantesche. Anche qui assume rilievo dominante la vita della campagna. Si viene delineare un vero e proprio “romanzo georgico”, cioè la descrizione di una famiglia rurale di Barga.
Il poeta vuole celebrare la piccola proprietà rurale, presentandola come depositaria di tutta una serie di valori tradizionali. La rappresentazione della vita contadina assume quindi la fisionomia di un'utopia regressiva. È evidente come questa raffigurazione della campagna non abbia punti di contatto con quella che pochi anni prima era stata offerta dalla verismo: il mondo rurale Pascoliano è idealizzato e idilliaco, ignora gli aspetti più crudi della realtà popolare.
Pascoli si sofferma sugli aspetti più quotidiani, umili e dimessi di quel mondo, designando con minuziosa precisione gli oggetti e le operazioni del lavoro dei campi. Il poeta vuole mettere in rilievo quanto di poetico è insito anche nelle realtà umili, la loro dignità sublime, per cui, le più consuete attività quotidiane della vita di campagna sono da lui trasfigurate in una luce di epos, mediante il ricorrere di formule trattate dagli antichi poeti. Altri temi ricorrenti sono: il tema della memoria, dell’emigrazione (Italy) e dei temi moderni come l’angoscia originata dal percepire la terra muoversi negli infiniti spazi siderali e il terrore di precipitare in essi (Vertigine).

I canti di Castelvecchio
I canti di Castelvecchio propongono l'intenzione di continuare la linea della prima raccolta. Ritornano le immagini della vita di campagna. I componimenti si susseguono secondo un disegno segreto, che allude al succedersi delle stagioni: il ciclo naturale si presenta come un rifugio rassicurante e consolante dal dolore e dall'angoscia dell'esistenza storica e sociale. Ricorre il motivo della tragedia familiare e dei cari morti, che si stringono intorno al poeta a rinsaldare quel vincolo di sangue ed affetti che la brutale violenza degli uomini ha spezzato. Non mancano però anche in questa raccolta i temi più inquieti e morbosi, che danno corpo alle segrete ossessioni del poeta: l'eros, contemplato col turbamento del fanciullo per il quale il rapporto adulto è qualcosa di ignoto, affascinante e ripugnante insieme, e la morte, che a volte appare un rifugio dolce in cui sprofondare, come in una regressione nelle grembo materno. Si arriva ad immaginare misteriose apocalissi future che distruggeranno forse la vita dell'universo.

I Poemi Conviviali
I Poemi Conviviali sono così intitolati perché gran parte di essi era comparsa su “Il Convito”. Si tratta di poemetti dedicati a personaggi e fatti del mito e della storia antica, dalla Grecia fino alla prima diffusione del Cristianesimo: Achille, Ulisse, Elena di Troia, Solone, Socrate, Alessandro Magno. Il linguaggio è raffinatamente estetizzante e spesso mira a riprodurre in italiano il clima e lo stile la poesia classica. I nomi sono resi nella grafia greca originale. In questi poemetti compaiono tutti i temi consueti della poesia Pascoliana. Il mondo antico non è dunque un mondo di immobile e gelida perfezione, ma si carica delle inquietudini e delle angosce della sensibilità moderna.

I Carmina
I Carmina latini sono 30 poemetti e 61 componimenti più brevi, scritti da Pascoli per il concorso di poesia latina di Amsterdam, per i quali egli ottenne numerose volte la medaglia d'oro. Sono in genere dedicati agli aspetti più marginali della vita romana ed hanno per protagonisti personaggi umili, gladiatori, schiavi, un'umanità minore, dolente, ma riscattata da un'intima bontà. Vi si proietta ideologia umanitaria di Pascoli. Il saggista e il critico.
Pascoli intraprese, inoltre, l'attività di saggista e di critico in quanto era docente universitario e studioso. Scrisse saggi letterari dedicati al Leopardi e Manzoni ma il Pascoli previamente critico e quello che si trova nei tre volumi dedicati a Dante.

Le soluzioni formali

Il modo nuovo di percepire il reale si traduce, nella poesie Pascoliana, in soluzioni formali, innovative.
La sintassi.
La coordinazione prevale sulla subordinazione, brevi frasi, ellittiche, mancano del soggetto, o del verbo, stile nominale. La frantumazione Pascoliane rivela il rifiuto di una sistemazione logica dell'esperienza, il prevalere della sensazione immediata, dell'intuizione, dei rapporti analogici, allusivi. È una sintassi che traduce una visione fanciullesca. La conseguenza è che gli oggetti più quotidiani presentano una fisionomia stravinta, appaiono come immersi in un'atmosfera visionaria.
Il lessico.
Pascoli mescola tra loro codici linguistici diversi. Troviamoli sui testi termini preziosi e aurici, termini gergali e dialettali, riferente alla realtà campestre, troviamo una terminologia botanica ed ornitologica forbita, parole provenienti da lingue straniere, come avviene in Italy ricorrono espressioni in inglese, un inglese italianizzato.
Gli aspetti fonici.
Grande rilievo hanno gli aspetti fonici, i suoni che compongono le parole. Sono in prevalenza riproduzioni onomatopeiche di versi di uccelli o suoni di campagna. Queste onomatopee non mirano ad una riproduzione naturalistica del dato oggettivo: indicano un'esigenza di aderire immediatamente all'oggetto, rientrano in quella visione alogica del reale che è proprio di tutta la poesia Pascoliane. I suoni usati da Pascoli possiedono un valore fonosimbolico.
La metrica.
La metrica Pascoliana è apparentemente tradizionale. Pascoli sperimenta cadenze ritmiche inedite: Il verso, come la struttura sintattica, è di regola frantumato al suo interno, interrotto da numerose pause.
Le figure retoriche.
Pascoli usa largamente linguaggio analogico. Il meccanismo è quello della metafora, ma l'analogia Pascoliana non si accontenta di una somiglianza facilmente riconoscibile: accosta due realtà tra loro remote. Ad esempio nella poesia "temporale", sullo sfondo nero del cielo temporalesco spicca la nota bianca di un casolare, che viene di colpo accostata al bianco di un'ala di gabbiano. Un procedimento affine all'analogia è la sinestesia, che fonde insieme diversi ordini di sensazioni. I carmina e le ultime raccolte.




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