La vita
Giovanni Pascoli nacque il
31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna, da una famiglia della piccola
borghesia rurale. Giovanni è il quarto di ben 10 fratelli. Il 10 agosto 1867
mentre tornava a casa al mercato di Cesena, Ruggero Pascoli (padre di Giovanni)
fu ucciso a fucilate, ciò diede al giovane Pascoli il senso di un'ingiustizia
bruciante. La morte del padre creò difficoltà economica alla famiglia, che
dovette trasferirsi a San Mauro e in seguito a Rimini. Giovanni sin dal 1862
studiò nel collegio degli Scolopi ad Urbino dove ricevette una rigorosa
formazione classica. Successivamente ottenne una borsa di studio presso
l'Università di Bologna, dove frequentò la facoltà di lettere. Qui Pascoli subì
il fascino dell'ideologia socialista, un socialismo utopico, che affida alla
poesia il compito di diffondere amore e fratellanza, poiché alla base vi era la
convinzione che sulla terra dominasse solo il male (“Il dolore perfezionando il
nostro animo, deve insegnare il perdono”). L’adesione all’anarchismo e al
socialismo era un fenomeno diffuso tra gli intellettuali piccolo
borghesi del tempo, così la militanza attiva di Pascoli nel movimento si scontrò ben presto con la repressione poliziesca e dopo aver trascorso alcuni mesi in carcere decise di restare fedele all'ideale socialista, ma rifiutò la gelida dottrina marxista. Pascoli si laureò nel 1882. Inizio subito la carriera di insegnante liceale. Nel 1895 Pascoli aveva ottenuto la cattedra di grammatica greca e latina all'Università di Bologna e poi di letteratura latina all'Università di Messina successivamente passo a Pisa e nel 1905 subentrò al suo maestro, Carducci, nella cattedra di letteratura italiana a Bologna. La sua fama di poeta si allargava e consolidava. Negli ultimi anni volle gareggiare col maestro Carducci e con D'Annunzio nella funzione di poeta civile, "vate" dei destini della patria e celebratore delle sue glorie. Morì il 6 aprile 1912 a Bologna.
borghesi del tempo, così la militanza attiva di Pascoli nel movimento si scontrò ben presto con la repressione poliziesca e dopo aver trascorso alcuni mesi in carcere decise di restare fedele all'ideale socialista, ma rifiutò la gelida dottrina marxista. Pascoli si laureò nel 1882. Inizio subito la carriera di insegnante liceale. Nel 1895 Pascoli aveva ottenuto la cattedra di grammatica greca e latina all'Università di Bologna e poi di letteratura latina all'Università di Messina successivamente passo a Pisa e nel 1905 subentrò al suo maestro, Carducci, nella cattedra di letteratura italiana a Bologna. La sua fama di poeta si allargava e consolidava. Negli ultimi anni volle gareggiare col maestro Carducci e con D'Annunzio nella funzione di poeta civile, "vate" dei destini della patria e celebratore delle sue glorie. Morì il 6 aprile 1912 a Bologna.
La visione del mondo
Il “nido” familiare.
La chiusura gelosa nel ““nido””
familiare l'attaccamento morboso alle sorelle rivelano la fragilità della
struttura psicologica del poeta, che cerca entro le pareti del ““nido”” la
protezione da un mondo esterno. Ogni vita di relazione è sentita come un
tradimento nei confronti dei legami oscuri, viscerali del ““nido””. Perciò non
vi sono relazioni amorose nell'esperienza del poeta, che conduce una vita
forzatamente casta. C'è in lui lo struggente desiderio di un vero ““nido””, in
cui esercitare un'autentica funzione di padre, il legame ossessivo con il “nido”
infantile spezzato gli rende impossibile la realizzazione del sogno. Questa
situazione affettiva del poeta è la premessa indispensabile per penetrare nel
mondo della sua poesia ed è una chiave necessaria per cogliere il carattere
turbato, tormentato, morboso della poesia di Pascoli.
La crisi della materia positivistica
La formazione di Pascoli
fu essenzialmente positivistica, tale matrice è ravvisabile nell'ossessiva
precisione con cui egli usa la nomenclatura ornitologica e botanica. In Pascoli
si riflette quella crisi della scienza che caratterizza la cultura di fine
secolo, segnata dall'esaurirsi del positivismo e dall'affermarsi di tendenze
spiritualistiche è idealistiche. Anche in Pascoli insorge una sfiducia nella
scienza come strumento di conoscenza e di ordinamento del mondo: anche per lui
al di là dei confini limitati raggiunti dall'indagine scientifica, si apre
l'ignoto, il misterioso, l'inconoscibile, verso cui l'anima si protende
ansiosa. Il mondo appare frantumato, disgregato. Le sue componenti si allineano
sulla pagina come se si offrono ad una percezione casuale, non si compongono mai
in un disegno unitario e coerente, in obbedienza ai dettami della logica
comune. Non esistono neppure gerarchie d'ordine tra gli oggetti: ciò che è
piccolo si mescola ciò che è grande.
Il segreto dell’armonia
sociale per Pascoli consiste nel fatto che ciascuno si contenti di ciò che ha.
Il suo ideale di vita si incarna nell’immagine del proprietario rurale. La
proprietà è per il poeta un valore sacro e intangibile, la base della dignità e
della libertà dell’individuo.
I simboli.
Gli oggetti
materiali hanno un rilievo fortissimo nella poesia Pascoliana e i particolari
sono filtrati attraverso la peculiare visione soggettiva del poeta e in tal
modo si caricano di valenze allusive simboliche.
Gli oggetti materiali sono
filtrati attraverso la peculiare visione soggettiva del poeta è in tal modo si
caricano di valenze allusive e simboliche, rimandano sempre a qualcosa che è al
di là di essi, all'ignoto di cui sono come messaggi misteriosi affascinanti. Il
mondo e visto attraverso il bello del sogno e perde ogni consistenza oggettiva,
le cose sfumano le une nelle altre, in un gioco di metamorfosi tra apparenze
labili è illusorie. La conoscenza del mondo avviene attraverso strumenti
interpretativi non razionali, che trasportano di colpo, senza seguire tutti i
passaggi del ragionamento logico, nel cuore profondo della realtà. Tra io e mondo esterno, tra oggetto e soggetto non sussiste
quindi una vera distinzione. Le cose si caricano di significati umani. La visione del mondo Pascoliano si colloca a buon diritto entro le
coordinate della cultura decadente è presentando cospicue affinità con la
visione dannunziana.
La poetica.
Il fanciullino.
Da questa visione del
mondo scaturisce con perfetta coerenza la poetica Pascoliana che trova la sua
formulazione più compiuta, sistematica dell'ampio saggio “il Fanciullino”. Il poeta coincide col “fanciullino” che sopravvive
al fondo di ogni uomo: un fanciullino che vede tutte le cose <come le per la
prima volta>, con ingenuo stupore e meraviglia, come dovette vederle il
primo uomo all'alba della creazione. Alla pari di Adamo, il poeta fanciullino
dà il nome alle cose e per farlo devi usare una novella parola. Dietro questa
metafora del fanciullino è facile scorgere una concezione della poesia come
conoscenza prerazionale è immaginosa, che Pascoli piega ormai in direzione
decisamente decadente. Grazie al suo modo analogico di vedere le cose, il poeta
fanciullino, senza farci scendere ad uno ad uno i gradini del pensiero, come è
proprio del ragionamento logico e del procedimento della ricerca scientifica,
ci fa sprofondare immediatamente nell'abisso della verità. L'atteggiamento
irrazionale e intuitivo consente una conoscenza profonda della realtà, ma il
fanciullino scopre nelle cose le somiglianze e le relazioni più ingegnose. Il
poeta appare come un veggente, dotato di una vista più acuta di quella degli
uomini comuni, colui che può esplorare il mistero.
La poesia “pura”.
In questo quadro culturale
si colloca la concezione della poesia “pura”, la poesia non deve avere fini
estrinseci, pratici; <il poeta canta solo per cantare>. Pascoli precisa
che la poesia pura può ottenere effetti di suprema utilità morale e sociale. A
tal esempio cita Virgilio che fece poesia senza pensare ad altro (cantò
per cantare) è proprio attraverso questa insegnava ad amare la vita in cui non
ci fosse lo spettacolo né doloroso della miseria né invidioso della ricchezza:
egli voleva abolire la lotta tra le classi e la guerra tra popoli. Pascoli
ripudia il principio aristocratico del classicismo che esige una rigorosa
separazione tra ciò che è alto e ciò che è basso ed accetta solo la prima
categoria di oggetti nel campo selezionatissimo della poesia. La poesia è anche
nelle piccole cose, che hanno un loro sublime particolare, una dignità non
minore di quelle auliche. Pascoli porta alle estreme conseguenze la rivoluzione
romantica. Tra oggetti aulici e umili, tra le parole che li esprimono, non vi è
più conflitto di esclusione, voi può essere pacifica convivenza.
L’ideologia politica
L'adesione al socialismo.
Dai principi
letterari di Pascoli affiora una concezione di tipo socialista, un socialismo
umanitario e utopico, che affida alla poesia la missione di diffondere l'amore
e la fratellanza. Durante gli anni universitari Pascoli subì l’influenza delle
ideologie anarco-socialiste. L'adesione all'anarchismo il socialismo è un
fenomeno diffuso tra gli intellettuali piccolo borghesi del tempo. Si sentiva
minacciato nella sua identità dall'avanzata della civiltà industriale moderna
che toglieva prestigio alla tradizione culturale umanistica, declassazione. Pascoli
sentiva soprattutto gravare su di sé il peso di ingiustizia immodificabile,
l'uccisione del padre, lo smembramento della famiglia, i lutti, la povertà:
tutto ciò gli sembrava l'effetto di un meccanismo sociale perverso, aderì
quindi all'internazionale socialista, ma il movimento ancarco-socialista si
scontrò con la repressione poliziesca e Pascoli venne tenuto mesi in carcere e
processato. Fu per lui un’esperienza terribile e quando uscì’ assolto dal
processo, abbandonò definitivamente ogni forma di attivismo.
Dal socialismo alla fede umanitaria.
Ma questo distacco
ebbe anche delle motivazioni storiche: successivamente al fallimento dei moti
anarchici, il partito socialista abbandonò il pensiero utopico per accostarsi a
quello di Marx. Il socialismo marxista si fondava sullo scontro violento,
rivoluzionario e Pascoli non poteva accettare conflitti violenti ma sognava un
affratellamento di tutti gli uomini. Il poeta non rinnegò gli ideali
socialisti, li trasformò in una generica fede umanitaria, nutrita di elementi
provenienti dal cristianesimo, dal francescanesimo. Socialismo per lui era un
appello alla bontà, l'amore alla fratellanza, alla solidarietà fra gli uomini.
Alla base vi era una radicale pessimismo, la convinzione che la vita umana non
è che dolore e sofferenza, che sulla terra domina solo il male: per questo gli
uomini devono cessare di farsi del male fra loro, è soccorresti a vicenda.
La mitizzazione del piccolo proprietario rurale.
Ogni classe doveva
conservare la sua distinta fisionomia, la sua collocazione nella scala sociale,
ma doveva collaborare con tutte le altre, con amore fraterno e spirito di
solidarietà. Il segreto dell'armonia sociale consiste nel fatto che ciascuno si
contenti di ciò che ha, che viva felice anche del poco. Il suo ideale di vita
si incarna nell'immagine del proprietario rurale. Ma il poco è preferibile al
molto il piccolo al grande: la felicità è possibile solo nella dimensione del
piccolo podere. Pascoli mitizza così il mondo dei piccoli proprietari agricoli
come mondo sereno e saggio, baluardo che difende i valori fondamentali, la
famiglia, la solidarietà, la laboriosità. Era un mondo che sta ormai
scomparendo, cancellato dai processi di concentrazione capitalistica.
Il nazionalismo
Il fondamento dell’ideologia
di Pascoli è la celebrazione del nucleo famigliare che si raccoglie entro la
piccola proprietà. Questo senso geloso della proprietà si allarga fino ad
inglobare l’intera nazione. Si collocano qui le radici del nazionalismo Pascoliano.
Il dramma dell’emigrazione induce Pascoli a far proprio un concetto del
nazionalismo italiano del primo-900: nazioni ricche e potenti, “capitaliste”, e
nazioni “proletarie”, povere, deboli e oppresse. Pascoli arriva dunque ad
ammettere la legittimità delle guerre condotte dalle nazioni proletarie per le
conquiste coloniali in modo da dar terra e lavoro ai loro figli più poveri. Pascoli,
al pari di D’annunzio, arriva a celebrare la guerra di Libia come un momento di
riscatto della nazione italiana, che trova in essa la sua coesione spirituale,
completando il processo risorgimentale, dando una coscienza nazionale alle sue
plebi e attribuendo loro dignità civile attraverso il possesso della terra.
I temi della poesia Pascoliana
Gli intenti pedagogici e predicatori
Pascoli è l'esatto
contrario del poeta maledetto. Egli incarna esemplarmente l'immagine del
piccolo borghese, appagato nella sua mediocrità di vita. Dal punto di vista
letterario, l'immagine del poeta corrisponde perfettamente quella dell'uomo: Pascoli
si presenta programmaticamente come il celebratore della realtà piccolo
borghese dei suoi valori. Una parte cospicua della sua produzione è destinata
proprio alla funzione di proporre quella determinata visione di vita, in nome
degli intenti pedagogici, moralistici, sociali. A questo filone diciamo
"ideologico" della poesia Pascoliane appartiene quindi anche la
predicazione sociale e umanitaria, il sogno di un'umanità affratellata, che
nella solidarietà trovi una consolazione al male di vivere.
I miti
Questa predicazione si
avvale anche di miti, impiegati per
il loro potente valore suggestivo. Il “fanciullino” che è al fondo di ognuno di
noi, rappresenta la nostra parte naturalmente ingenua e buona e può garantire
la fraternità dell'uomo. Il ““nido”” familiare caldo e protettivo, in cui i
componenti si possono spingere per trovare conforto e riparo dall'urto di una
realtà esterna minacciosa e paurosa. Con il ““nido”” si collega il motivo
ossessivamente ricorrente del ritorno dei morti: La tragedia familiare scaturita
dall'assassinio del padre è trasformata da Pascoli in una vicenda esemplare, da
cui si può ricavare l'idea del male che alligna tra gli uomini e la necessità
del perdono e della concordia. Affrontando questi temi Pascoli interpretava la
visione della vita e i sentimenti di larghi strati della popolazione italiana:
mentre D'Annunzio offriva alle masse piccole borghesi un sogno evasivo di
gloria, Pascoli radicava tra il pubblico le convinzioni profonde che esso già
possedeva. Per tanti anni il Pascoli presente nei libri di testo fu proprio
questo poeta predicatorio e
sentimentale. Egli stesso negli scritti indicava esplicitamente i
fanciulli come suo uditorio ideale. Quest'immagine di Pascoli fu accolta anche
alla critica, che a lungo parlò il poeta delle piccole cose, della natura
campestre e degli affetti familiari, del poeta fanciullino cantore della bontà,
dell'innocenza, del candore, dei valori
domestici e civili, della
funzione sublime della sofferenza.
Il grande Pascoli decadente
Le trasformazioni del
clima culturale e del gusto hanno portato alla luce un Pascoli tutto diverso,
scoprendone la straordinaria novità e forza d'urto, un Pascoli inquieto,
tormentato, morboso, visionario, che ben si inserisce nel panorama del
contemporaneo decadentismo europeo. È il Pascoli che è in perenne auscultazione
del mistero che è al di là delle cose più usuali, che sa rendere la presenza di
questa seconda, inquietante dimensione caricando gli oggetti più comuni, le
"piccole cose", di sensi
allusivi e simbolici; che proietta nella poesia le sue ossessioni profonde. Al
di là del poeta pedagogo, si delinea un
grandissimo poeta dell'irrazionale, capace di raggiungere profondità inaudite. Pascoli
è ben più radicale di D'Annunzio, perciò il "poeta fanciullino" può a buon diritto essere ritenuto il
nostro scrittore più autenticamente decadente.
Le angosce e le lacerazioni della coscienza moderna
I due Pascoli sono
connessi da legami profondi e necessari: la celebrazione del “nido”, delle
piccole cose, della mediocrità appagata del piccolo borghese, della fraternità
umana, è proposta proprio per erigere un baluardo rassicurante dinanzi
all’urgere di forze minacciose.
LE RACCOLTE POETICHE
I componimenti Pascoliani, spesso comparsi originariamente
su periodici e riviste, furono poi raccolti dal poeta in una serie di volumi:
Myricae
La prima raccolta nel
proprio fu “Myricae” contenente 22
poesie, successivamente 72 componimenti, in seguito 116 e infine 156. Il titolo
è una citazione Virgiliana, tratta dall'inizio della IV bucolica, in cui il
poeta latino proclama l'intenzione di innalzare un poco il tono del suo canto. Pascoli
assume invece le umili piante proprio come simbolo delle piccole cose. Si tratta di componimenti molto brevi di ritratti con
un gusto impressionistico, con le rapide notazioni che colgono un particolare,
una linea, un colore, un suono. Si caricano di sensi misteriosi e suggestivi,
sembrano alludere ad una realtà ignota e inafferrabile che si colloca al di là
di essi; sono i segnali di un enigma affascinante ed inquietante insieme. I
temi più ricorrenti sono: la morte, il ritorno dei morti familiare si delinea
quel romanzo familiare che è il nucleo doloroso della sua visione del reale.
Compaiono poi quelle soluzioni formali che costituiscono la profonda
originalità della poesia Pascoliane.
I Poemetti
I poemetti sono
componimenti più ampi che all'impianto lirico sostituiscono un più disteso
taglio narrativo, diventando spesso dei veri propri racconti in versi. Ai versi
brevi subentrano le terzine dantesche. Anche qui assume rilievo dominante la
vita della campagna. Si viene delineare un vero e proprio “romanzo georgico”,
cioè la descrizione di una famiglia rurale di Barga.
Il poeta vuole celebrare
la piccola proprietà rurale, presentandola come depositaria di tutta una serie
di valori tradizionali. La rappresentazione della vita contadina assume quindi
la fisionomia di un'utopia regressiva. È evidente come questa raffigurazione
della campagna non abbia punti di contatto con quella che pochi anni prima era
stata offerta dalla verismo: il mondo rurale Pascoliano è idealizzato e
idilliaco, ignora gli aspetti più crudi della realtà popolare.
Pascoli si sofferma sugli aspetti
più quotidiani, umili e dimessi di quel mondo, designando con minuziosa
precisione gli oggetti e le operazioni del lavoro dei campi. Il poeta vuole
mettere in rilievo quanto di poetico è insito anche nelle realtà umili, la loro
dignità sublime, per cui, le più consuete attività quotidiane della vita di
campagna sono da lui trasfigurate in una luce di epos, mediante il ricorrere di formule trattate dagli antichi
poeti. Altri temi ricorrenti sono: il tema della memoria, dell’emigrazione
(Italy) e dei temi moderni come l’angoscia originata dal percepire la terra
muoversi negli infiniti spazi siderali e il terrore di precipitare in essi
(Vertigine).
I canti di Castelvecchio
I canti di Castelvecchio propongono
l'intenzione di continuare la linea della prima raccolta. Ritornano le immagini
della vita di campagna. I componimenti si susseguono secondo un disegno
segreto, che allude al succedersi delle stagioni: il ciclo naturale si
presenta come un rifugio rassicurante e consolante dal dolore e dall'angoscia
dell'esistenza storica e sociale. Ricorre il motivo della tragedia familiare e
dei cari morti, che si stringono intorno al poeta a rinsaldare quel vincolo di
sangue ed affetti che la brutale violenza degli uomini ha spezzato. Non mancano
però anche in questa raccolta i temi più inquieti e morbosi, che danno corpo
alle segrete ossessioni del poeta: l'eros,
contemplato col turbamento del fanciullo per il quale il rapporto adulto è
qualcosa di ignoto, affascinante e ripugnante insieme, e la morte, che a volte
appare un rifugio dolce in cui sprofondare, come in una regressione nelle
grembo materno. Si arriva ad immaginare misteriose apocalissi future che
distruggeranno forse la vita dell'universo.
I Poemi Conviviali
I Poemi Conviviali sono così intitolati perché
gran parte di essi era comparsa su “Il Convito”. Si tratta di poemetti dedicati
a personaggi e fatti del mito e della storia antica, dalla Grecia fino alla
prima diffusione del Cristianesimo: Achille,
Ulisse, Elena di Troia, Solone, Socrate, Alessandro Magno. Il linguaggio è
raffinatamente estetizzante e spesso mira a riprodurre in italiano il clima e
lo stile la poesia classica. I nomi sono resi nella grafia greca originale. In
questi poemetti compaiono tutti i temi consueti della poesia Pascoliana. Il
mondo antico non è dunque un mondo di immobile e gelida perfezione, ma si
carica delle inquietudini e delle angosce della sensibilità moderna.
I Carmina
I
Carmina latini sono 30 poemetti e 61 componimenti più brevi, scritti da Pascoli
per il concorso di poesia latina di Amsterdam, per i quali egli ottenne
numerose volte la medaglia d'oro. Sono in genere dedicati agli aspetti più
marginali della vita romana ed hanno per protagonisti personaggi umili,
gladiatori, schiavi, un'umanità minore, dolente, ma riscattata da un'intima
bontà. Vi si proietta ideologia umanitaria di Pascoli. Il saggista e il
critico.
Pascoli
intraprese, inoltre, l'attività di saggista e di critico in quanto era docente
universitario e studioso. Scrisse saggi letterari dedicati al Leopardi e
Manzoni ma il Pascoli previamente critico e quello che si trova nei tre volumi
dedicati a Dante.
Le soluzioni formali
Il
modo nuovo di percepire il reale si traduce, nella poesie Pascoliana, in
soluzioni formali, innovative.
La sintassi.
La
coordinazione prevale sulla subordinazione, brevi frasi, ellittiche, mancano
del soggetto, o del verbo, stile nominale. La frantumazione Pascoliane rivela
il rifiuto di una sistemazione logica dell'esperienza, il prevalere della sensazione
immediata, dell'intuizione, dei rapporti analogici, allusivi. È una sintassi
che traduce una visione fanciullesca. La conseguenza è che gli oggetti più
quotidiani presentano una fisionomia stravinta, appaiono come immersi in
un'atmosfera visionaria.
Il lessico.
Pascoli
mescola tra loro codici linguistici diversi. Troviamoli sui testi termini
preziosi e aurici, termini gergali e dialettali, riferente alla realtà
campestre, troviamo una terminologia botanica ed ornitologica forbita, parole
provenienti da lingue straniere, come avviene in Italy ricorrono espressioni in
inglese, un inglese italianizzato.
Gli aspetti fonici.
Grande
rilievo hanno gli aspetti fonici, i suoni che compongono le parole. Sono in
prevalenza riproduzioni onomatopeiche di versi di uccelli o suoni di campagna.
Queste onomatopee non mirano ad una riproduzione naturalistica del dato
oggettivo: indicano un'esigenza di aderire immediatamente all'oggetto,
rientrano in quella visione alogica del reale che è proprio di tutta la poesia Pascoliane.
I suoni usati da Pascoli possiedono un valore fonosimbolico.
La metrica.
La
metrica Pascoliana è apparentemente tradizionale. Pascoli sperimenta cadenze
ritmiche inedite: Il verso, come la struttura sintattica, è di regola
frantumato al suo interno, interrotto da numerose pause.
Le figure retoriche.
Pascoli
usa largamente linguaggio analogico. Il meccanismo è quello della metafora, ma
l'analogia Pascoliana non si accontenta di una somiglianza facilmente
riconoscibile: accosta due realtà tra loro remote. Ad esempio nella poesia
"temporale", sullo sfondo nero del cielo temporalesco spicca la nota
bianca di un casolare, che viene di colpo accostata al bianco di un'ala di
gabbiano. Un procedimento affine all'analogia è la sinestesia, che fonde insieme
diversi ordini di sensazioni. I carmina e le ultime raccolte.
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