Giuseppe
Parino nacque il 23 maggio 1729 a Bosisio, in Brianza da una famiglia di
modeste condizioni. Dopo i primi studi fu condotto a Milano presso la prozia
Anna Maria Lattuada che gli lasciò una piccola rendita annua, a condizione che
divenisse sacerdote, per questo motivo il giovane, pur senza vocazione,
intraprese la carriera ecclesiastica. Nle frattempo aveva pubblicato una
raccolta di liriche sotto il nome di Ripano (anagramma di Parino), che gli
valse l’ammissione all’Accademia dei Trasformati, uno dei centri più importanti
della cultura milanese, che si avvicinava alle nuove istanze illuministiche ma
con posizioni più moderate rispetto all’Accademia dei Pugni.
Nel 1754 entrò al servizio ldel duca Gabrio
Serbelloni, come precettore dei figli, e, proprio dall’osservazione del Palazzo
Serbelloni, egli potè conoscere dall’interno il mondo dell’aristocrazia
milanese che avrebbe poi rappresentato satiricamente nel “Giorno”. Il palazzo
era un ambiente culturale molto vivo che Parini decise di lasciare in seguito a
una discussione con la duchessa Maria Vittoria e divenne precettore di Carlo
Imbonati. Nel frattempo aveva già pubblicato i due poemetti satirici, il
“Mattino” e il “Mezzogiorno”, che gli conferirono grande prestigio e gli
permisero di poter assumere degli incarichi ufficiali: la direzione della Gazzetta
di Milano” e la cattedra di “belle arti” nelle Scuole Palatine di Maria Teresa,
regina d’Austria.
In questo contesto entrò in contatto con molti
artisti neoclassici che influenzarono i suoi orientamenti poetici nell’ ultima
parte della sua vita.
Dopo la morte di Maria Teresa, il suo
successore, Giuseppe II, attuò molte riforme radicali alle istituzioni,
imponendo il controllo sull’organizzazione della cultura; il poeta, rimasto
profondamente deluso si allontanò dall’attività intellettuale militante. Morì
nel 1799.
Dalle notizie autobiografiche emerge la figura
di Parini come intellettuale impegnato nella battaglia civile, teso a
combattere in nome del progresso e della ragione. L’opera di parini quindi,
nella sua prima fase appare in sintonia con il clima riformistico instaurato
dall’assolutismo illuminato di Maria Teresa d’Austria. Egli inoltre si impegnò
in prima persona assumendo cariche di responsabilità nell’amministrazione dello
stato, come avevano già fatto gli intellettuali più innovatori e di maggior
prestigio di quel periodo.
Tuttavia i rapporti con l’Illuminismo in generale non sono
lineari:
-
Nei confronti dell’Illuminismo Francese:
o
Ne respinge le posizioni
antireligiose ed edonistiche. Egli è ostile a ogni forma di fanatismo religioso
e giudica negativamente la Controriforma e le guerre di religione, tuttavia
crede che la religione sia indispensabile come freno alle passioni umane e
principio di un’ordinata convivenza civile.
o
Accoglie con favore i principi
egualitari portati avanti dall’Illuminismo francese: crede nell’uguaglianza,
nell’amore per l’umanità e sdegna tutto ciò che offende e umilia l’uomo.
o
Ne condivide le posizioni verso la
nobiltà: Parini critica aspramente la
classe aristocratica in quanto oziosa e improduttiva, questa infatti sul piano
economico non fa altro che sperperare le ricchezze, sul piano intellettuale non
dedicano il loro ozio a coltivare gli studi e sul piano civile, non si curano di ricoprire cariche e
magistrature utili a l bene pubblico.
Parini da una definizione molto sarcastica del “giovin
signore”, affermando che egli “da tutti
servito a nullo serve” (non serve a
nulla e non è servo di nessuno).
Oltre all’improduttività dei nobili, Parini si scaglia
anche contro i costumi e soprattutto contro l’uso del “cavalier servente”, che
non è altro che una legalizzazione
dell’adulterio che distrugge il valore a lui più sacro: la famiglia.
Parini comunque tende a precisare che in epoche diverse la
nobiltà aveva avuto una funzione sociale: quella di difendere la patria in
guerra, rivestire le magistrature e dedicarsi agli studi. Ciò che lui critica
non è la nobiltà in sé, ma la sua degenerazione, egli quindi non propone
l’eliminazione della classe sociale, am solo una rieducazione.
-
Nei confronti dell’illuminismo lombardo: Anche nei confronti dell’illuminismo lombardo
che faceva capo al “Caffè” e all’Accademia dei Pugni, vi erano numerosi punti
di dissenso e contrasto:
o
Egli non condivideva il
cosmopolitismo e l’ammirazione che gli intellettuali italiani avevano verso
quelli francesi, temeva infatti che l’assorbimento della cultura francese
snaturasse i caratteri della cultura italiana e ne compromettesse la purezza
della lingua.
o
Gli intellettuali del “Caffè”,
inoltre, avevano una concezione della letteratura diversa da quella di Parini:
avevano una concezione utilitaristica, e un vero e proprio culto della scienza.
Ritenevano infatti che la diffusione delle conoscenze scientifiche portasse al
progresso e al miglioramento della vita sociale. Anche Parini apprezza le scoperte scientifiche, ma è
urtato dal fatto che la scienza sia diventata quasi una moda ed è ostile al
fatto che la letteratura diventi soltanto un veicolo per diffondere cognizioni
utili e dunque abbia fini essenzialmente pratici. Parini riprende il concetto
oraziano di letteratura, non nega che questa debba essere utile, ma è
necessario come affermava lo stesso Orazio, “mescolare l’utile al dolce”.
o
Per quanto riguarda il punto di vista
economico, gli illuministi lombardi erano ferventi propugnatori del commercio e
dell’industria e ritenevano che soltanto il loro sviluppo potesse garantire il
progresso e il benessere, Parini invece, era vicino alle teorie della scuola
fisiocratica che vedeva nell’agricoltura l’origine della ricchezza delle
nazioni e della moralità e fonte di vita sana e felice. Parini si trova dunque
in una posizione più moderata rispetto agli illuministi del “Caffè”, ma non aveva pienamente compreso il senso
della battaglia combattuta da Verri e Beccaria, a favore della nascita di una
nuova società in cui la borghesia fosse il centro propulsore e innovatore: la
espansione del commercio e dell’industria, infatti, avrebbe portato a una rapida trasformazione della società,
portando alla ribalta classi nuove, più dinamiche e intraprendenti.
Se Parini era in disaccordo con gli
illuministi, anche questi lo sentivano lontano da loro: Pietro Verri infatti,
criticando il “Mezzogiorno”, scrisse che la sua descrizione del mondo nobiliare
avrebbe potuto ispirare nel lettore una forma di consenso, il desiderio di
poter fare altrettanto.
LE PRIME ODI
La prima raccolta di versi, “Alcune poesie di
Ripano Eupilino”, mettono in risalto un Parini ancora condizionato dal clima
dell’Arcadia. Si tratta di un complesso di odi (genere lirico che assume
contenuti e elevati e toni più solenni della canzonetta; costituita da versi
brevi, settenari. |Orazio|)
Le odi possono essere divise cronologicamente in tre gurppi a seconda
delle tematiche e le soluzioni espressive:
1: Odi legate alla battaglia illuministica.
2: Odi d’occasione.
3. Odi non civilmente impegnate, ma ispirate
al classicismo.
Le odi del primo periodo sono le più
fondamentali e trattano di problemi di stringente attualità, pratici e
concreti:
-
La vita rustica: Trasmette una visione
idilliaca della campagna come garanzia di una perfetta tranquillità dell’animo,
nella quale però appare la visione illuministica del lavoro dei contadini, come
attività produttiva e socialmente utile.
-
La salubrità dell’aria: Tratta del
problema dell’igiene e della salute pubblica, compromesse da chi circonda la
città di risaie o chi getta acque putride o letame per le strade.
-
L’Educazione: in cui viene affrontato il
problema dell’istruzione e afferma che la formazione sia fondata su un’armonia
tra il fisico e lo spirito. Vengono presentati inoltre dei principi
illuministici: la ragione che deve regolare e guidare i sentimenti, l’idea che
la vera nobiltà non è quella di nascita ma quella interiore, la fiducia che il
mondo possa essere cambiato con la diffusione dei precetti illuminati.
-
L’innesto del vaiuolo: Esalta la scienza
moderna riferendosi agli esperimenti a
quel tempo in corso, intesi a inoculare
i germi della malattia in modo da determinare un’immunizzazione. Esalta la scienza
moderna
-
Il Bisogno: Ribadisce le tesi di
Cesare Beccaria.
-
L’evirazione: condanna questa tecnica
attuata dai nobili per mantenere le voci di soprano di giovani cantori.
LO
STILE
Nell’affrontare degli argomenti di così
stringente attualità, spesso prosaici, Parini incontra il problema di
conciliarli con la dignità formale. Una soluzione alle esigenze di novità
espressiva viene trovata nell’adesione alla poetica del sensismo, secondo la
quale la vita spirituale dell’uomo ha origine dal sensazioni fisiche attraverso
cui egli entra in contatto con la realtà esterna. I suoi sentimenti
fondamentali sono dunque il piacere e il dolore. Il piacere nasce dalla varietà
e dalla vivacità delle sensazioni; anche l’arte contribuisce a stimolare tale
vitalità interiore, e per far questo la parola deve essere energica e realista.
Parini dunque utilizza espressioni
vivacemente realistiche, ricche di forza sensibile e capaci di suscitare
immagini intense.
Egli non attua una rivoluzione nel linguaggio
poetico, ma rimane sempre legato all’eredità classica. Di conseguenza, se deve
parlare di acque putride versate dalle finestre delle case popolari, ricorre ad
espressioni auliche, utilizzando procedimenti retorici come perifrasi e
metonimie.
Per quanto riguarda la sintassi, egli mira
alla complessità del periodare latino.
Le scelte stilistiche rispecchiano anche la
sua posizione ideologica, egli è infatti moderatamente riformatore in campo
sociale e politico, introduce quindi delle novità, senza scardinare il sistema
letterario tradizionale.
Il Giorno
Negli stessi anni in cui componeva le odi,
Parini lavorò a un poema in endecasillabi sciolti che mirava a rappresentare
satiricamente l’aristocrazia del tempo: Il poema aveva per argomento, infatti,
la descrizione della giornata di un “giovin signore” della nobiltà milanese e
nel progetto originale doveva articolarsi in tre parti: il “mattino”, il
“mezzogiorno” e la “sera”, che poi sarebbe dovuta essere sdoppiata in due
parti, il “Vespro” e la “notte”. Parini, in realtà riuscì a portare a
compimento soltanto “mattino” e il “mezzogiorno”, le restanti parti rimangono
incompiute.
L’opera appartiene al genere della poesia
didascalica con un impianto più descrittivo che narrativo: il poeta
presentandosi come precettore del “giovin signore”, afferma di volergli insegnare come riempire
piacevolmente i vari momenti della sua giornata, vincendo la noia che lo
affligge. La noia è uno dei temi principali, nonché il sentimento che prevale
nella vita vuota del nobile.
Il mattino
Nel “mattino” il nobile viene presentato nel
momento in cui si corica, all’alba, dopo una nottata trascorsa a teatro o al
tavolo da gioco. Viene descritta la ricca colazione, la minuziosa toeletta e il
successivo incontro con la dama accompagnata da suo “cavalier servente”, un
uomo o una donna di cui disponevano
entrambi i coniugi che avesse il compito di servirli per tutta la giornata; la
presenza di questi era prevista dal contratto matrimoniale e spesso si
risolveva in un adulterio legittimato. Viene successivamente descritto il ricco
pranzo in cui si intrecciano discussioni sugli argomenti più vari, tra cui
anche temi filosofici alla moda e successivamente la passeggiata in carrozza
dei due coniugi nel corso.
Satira
La struttura didascalico-descrittiva, serve a
Parini per veicolare la satira del mondo aristocratico. Il discorso del
precettore è infatti impostato in chiave ironica e si fonda sulla figura dell’antifrasi:
viene affermato il contrario di ciò che si vuole intendere. Il precettore
infatti finge di accettare il punto di vista del nobile e la nobiltà viene celebrata in termini iperbolici e anche i
gesti più banali come sbadigliare
divengono eventi portentosi.
La critica pariniana si estende anche nel
particolare trattamento dello spazio e del tempo: per quanto riguarda il tempo,
non viene scelta una giornata particolare, ma una giornata tipo, uguale a
infinite altre, e questo basta a esaltare la vita banale del nobile, inoltre
gli eventi descritti si collocano in un tempo breve, anche se la lettura da
l’impressione di un tempo lunghissimo, e vuoto. Un effetto analogo ottiene la
rappresentazione dello spazio, ristretto e quasi sempre chiuso, che rende
l’impressione di una chiusura che si
riflette nella monotonia e nel mondo morto e ormai privo di energie vitali
della nobiltà.
La pluralità di piani
Nella descrizione della giornata del nobile,
si inseriscono in alcuni punti anche altri piani di realtà. Ad esempio alla
nobiltà oziosa del periodo viene contrapposta quella rude del passato che si
gettava ferocemente in battaglia. Anche in questo caso entra in gioco il
meccanismo ironico, in quanto il precettore finge di provare orrore per le
barbarie commesse dai nobili del passato
e sembra esaltare la nobiltà d’oggi. Il suo vero intento è quello di celebrare
la nobiltà guerriere che sapeva affrontare la morte in battaglia per difendere
la patria.
Parini inserisce inoltre la rappresentazione
delle classi popolari; all’ozio dei nobili, viene contrapposta la vita operosa
e sana del contadino e dell’artigiano, che si dedicano ad attività utili alla
collettività umana. Vengono ad esempio presentati i plebei che sono travolti
dalle ruote della carrozza aristocratica, o un servo che per aver dato un
calcio alla cagnetta della dama che l’aveva morso, fu costretto a chiedere l’elemosina
per strada con tutta la sua famiglia. L a nobiltà, chiusa nel suo spazio, crede
di essere l’unica realtà esistente, e per questo motivo ignora tutto ciò che vi
è al di fuori.
Vengono inserite inoltre le cosiddette
‘’favole’’, cioè racconti di carattere
mitologico, che servono a illustrare le
origini di alcuni costumi sociali; ad esempio Parini risale all’origine del
cicisbeismo riprendendo il mito di Amore e Imene, figli di Venere, ai quali,
dopo la ribellione di Amore vennero affidati compiti diversi: Imene, dio del
matrimonio, regnò sulle anime durante il giorno, Amore invece durante la notte.
Il matrimonio si riduce dunque a pura facciata esteriore, mentre l’amore è
riservato esclusivamente ai rapporti tra il cavalier servente e la dama.
Ambiguità verso il mondo nobiliare
L’intento di parini non è quello di spingere
all’eliminazione della classe nobiliare, ma piuttosto quello di educarla e spingerla a far fruttare le
proprie terre, accrescere la prosperità comune e assumere una posizione attiva
nella cultura e nell’amministrazione pubblica.
L’atteggiamento di Parini, comunque, presenta
una sottile ambiguità: quando egli si sofferma minuziosamente sugli aspetti
della realtà aristocratica, riempie i suoi versi con descrizioni di oggetti
preziosi, vini, stoffe, cibi ecc, ed egli sembra quasi accarezzare gli oggetti
come se fosse quasi affascinato dalla grazia e dalla raffinatezza di quel
mondo.
Stile
Il problema che si proponeva nelle odi, si
riflette anche nel “Giorno”, Parini infatti deve trasferire in poesia una
materia contemporanea e realistica, salvando nello stesso tempo la dignità
letteraria. Per fai questo utilizza un linguaggio aulico, ricco di enjambement,
inversioni e un tono quasi solenne. Lo stile inoltre, non ha il solo fine
parodico, ma assume un valore autonomo e a volte sembra tradire un segreto
compiacimento del poeta per l’eleganza del mondo nobiliare.
L’ultimo Parini
Parini, come tutti gli illuministi lombardi,
era in accordo con la politica riformatrice dell’assolutismo illuminato di
Maria Teresa. Le riforme del suo successore Giuseppe II, tuttavia erano molto
più radicali e suscitarono nel poeta un netto disaccordo, determinando un senso
di delusione e disaffezione. Egli infatti voleva regolare ogni aspetto della
vita amministrativa, civile e culturale, soffocando ogni iniziativa
individuale; diede inoltre l’impulso allo sviluppo delle scienze, tralasciando
le discipline umanistiche. Parini, che
per sua formazione classica era particolarmente legato alla tradizione
umanistica, non accettò in alcun modo il primato concesso alle scienze e,
trovandosi in disaccordo con questa politica, si allontanò progressivamente
dalle finalità civili della scrittura letteraria. Quest’evoluzione è
rispecchiata nel “Vespro”, nella “Notte” e nelle ultime odi.
Questo cambiamento si riflette soprattutto
sugli aspetti formali: il classicismo di origine arcadica si evolve verso il
Neoclassicismo, che si diffonderà nel Settecento grazie a Johann Joachim
Wincklemann. Parini ricevette influssi neoclassici quando all’Accademia di
Belle Arti operava con artisti Neoclassici, di cui ammirava le componeti
principali: nitidezza, semplicità, armonia serenità.
Il Vespro e la Notte
Nel “Vespro” il precettore si trasforma in
semplice narratore e descrittore, che accompagna il nobile e la sua dama in
visita ad un amico malato a cui i due si limitano a lasciare il biglietto da
visita e ad un’amica che ha appena avuto un attacco di nervi, suscitando
infiniti pettegolezzi.
Nella “Notte” i due si recano a un ricevimento
serale e la prospettiva si sposta verso i personaggi che popolano il salone.
In queste ultime due parti del “Giorno”, la
polemica antinobiliare si fa più tenue e sfumata, l’ironia perde le punte più
risentite dello sdegno morale e Parini si dedica alla commedia mondana e alla
satira di costume, descrivendo i passatempi insulsi degli aristocratici oziosi,
marcando molto la malinconia e il senso di inarrestabile declinare dell’età e
dello svanire della bellezza. Si
rafforza il vagheggiamento affascinato del lusso e dell’eleganza e sembra
scomparire la volontà pedagogica: Parini sembra ormai rassegnato al fallimento
del programma illuministico e riformistico, in un clima di piena sfiducia. I
brani sono pervasi da un senso di vuoto, di noia irrimediabile e del ripetersi
stanco di un meccanismo ormai privo di senso.
Per quanto riguarda lo stile, affermandosi il
Neoclassicismo, scompaiono le arditezze linguistiche,e si accentua la ricerca
di compostezza ed equilibrio. La sintassi
è più fluida e le immagini sono meno incisive. Questo vale sia per il
“Vespro” e la “Notte” che per la revisione del “Mattino” e del “Mezzogiorno”.
Le ultime odi
L’evoluzione dell’ultimo Parini, si riflette ancora più chiaramente nella seconda fase delle sue odi. La prima di queste è “La laurea”, dedicata a celebrare una giovane che si era laureata in legge; l’ode risulta ancora permeata di principi illuministici (la rivendicazione dei diritti della donna), ma risulta già lontana dagli atteggiamenti polemici delle odi precedenti e si riduce nei limiti della poesia encomiastica d’occasione. Il distacco si accentua con le odi successive.
Il
poeta non affronta più concreti temi civili e sociali, ma temi più
universali; egli tende inoltre a chiudersi in se stesso, sdegnoso verso una
realtà vile e meschina e si concentra nella propria autocelebrazione,
proponendosi come anima superiore depositaria dei più nobili valori morali.
Anche nelle ultime odi scompaiono le arditezze
lessicali, le forme si fanno ancora più composte e nobili e trionfano la
compostezza, e l’armonia che caratterizzano il Neoclassicismo.
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